Giovanni Piglialarmi
Nota a Tribunale di Milano, sez. lavoro, 16 dicembre 2015, n. 3640.
Secondo le regole generali, la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.), sicché i diritti del lavoratore che maturano durante il rapporto di lavoro potrebbero essere perduti a causa dell’inerzia del titolare durante la prosecuzione del rapporto stesso. Infatti, l’esistenza di un rapporto di lavoro tra il lavoratore-creditore ed il datore di lavoro-debitore non è compresa tra le cause di sospensione della prescrizione (art. 2941 c.c.).
Il Tribunale di Milano, sez. lav., con la sentenza n. 3460 del 16 dicembre 2015, nell’accogliere il ricorso di alcune lavoratrici riguardante l’accertamento di maggiorazioni retributive, ha stabilito che a partire dal 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della Riforma Fornero) anche per le aziende sottoposte all’applicazione dell’art. 18 St. Lav., il termine di prescrizione quinquennale dei crediti retributivi (art. 2948, n. 4, c.c.) decorre solo dalla cessazione del rapporto di lavoro e non più nell’arco della durata dello stesso. In particolare, il giudice ha rigettato l’eccezione di prescrizione sollevata dalla parte convenuta (il datore di lavoro), osservando che “si deve prendere atto dell’entrata in vigore dal 18/7/12 della legge n. 92/12 che ha modificato la tutela reale di cui all’art. 18 SL, prescrivendo, al comma cinque di tale norma, delle ipotesi nelle quali, anche a fronte di un licenziamento illegittimo, la tutela resta solo di tipo indennitario, senza possibilità di reintegrazione, in modo analogo che nella tutela obbligatoria (seppur con importi risarcitori maggiori)”.
Di conseguenza, da tale data i lavoratori, pur se dipendenti di un’azienda sottoposta alla tutela prevista dall’art. 18 della L. n. 300/1970, “potrebbero incorrere nel timore del recesso nel far valere le proprie ragioni, a fronte della diminuita resistenza della propria stabilità”.
La sentenza di merito richiama l’orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui “la decorrenza o meno della prescrizione in corso di rapporto va verificata con riguardo al concreto atteggiarsi del medesimo in relazione alla effettiva esistenza di una situazione patologica di “metus” del lavoratore e non già alla stregua della diversa normativa garantista che avrebbe dovuto astrattamente regolare il rapporto” (ex multis, Cass. 13 dicembre 2004, n. 23227; Cass. 29 ottobre 2004, n. 20987; Cass. 6 agosto 2002, n. 11793), stabilendo che per “nessuna delle somme richieste da parte attorea sia maturata la prescrizione”.
Come si vede, la pronuncia in esame è fortemente innovativa in quanto si discosta dalla decisione della Corte costituzionale (10 giugno 1966, n. 63), la quale, seppur limitatamente alla retribuzione, ha ritenuto che la possibilità per il lavoratore di perdere l’esercizio del diritto sui suoi crediti retributivi è in contrasto con l’art. 36, comma 1, Cost., tutte le volte in cui l’inerzia sia determinata dal timore riverenziale nei confronti del datore di lavoro. E’, quindi, giustificabile l’inerzia del lavoratore che, prestando la propria attività lavorativa in tutela obbligatoria, non proponga domanda giudiziale per azionare il diritto durante il rapporto di lavoro; di conseguenza il termine prescrizionale inizierà a decorrere dal giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro.
Diversamente, il lavoratore in stabilità reale, essendo tutelato dalla reintegra (cd. tutela forte), deve azionare il diritto durante il rapporto senza temere alcuna ritorsione del datore di lavoro, perché la sua posizione è ampiamente tutelata dalla legge. Pertanto, il termine prescrizionale inizierà a decorrere dal giorno in cui il lavoratore potrà far valere il suo diritto, come previsto dalle regole generali (art. 2935 c.c. e ss.).
Questa distinzione però è venuta a mancare secondo i giudici milanesi, poiché la riforma Fornero ha indebolito la tutela reintegratoria, facendo venir meno la cd. stabilità reale. Per questi motivi, il termine quinquennale di prescrizione dei crediti retributivi del lavoratore decorrerà dal giorno della cessazione del rapporto di lavoro, senza più alcuna distinzione tra tutela obbligatoria e tutela reale.