Giovanni Piglialarmi
Nota a Cassazione 7 dicembre 2015, n. 48328
La Corte di Cassazione, 2 sez. pen., con la sentenza 7 dicembre 2015, n. 48328 ha stabilito che la cosiddetta “malattia di massa”, anche se giustificata da appositi certificati medici, può integrare il reato di truffa.
Con sentenza del 7 ottobre 2014, il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Forlì aveva dichiarato di non doversi procedere nei confronti di oltre trenta dipendenti di un’azienda di trasporti, accusati di truffa e di interruzione del pubblico servizio per essersi assentati tutti insieme dal lavoro per due giorni consecutivi, giustificando la propria assenza dal servizio mediante la presentazione di appositi certificati medici. Le persone sottoposte ad indagini preliminari erano dipendenti di un’azienda pubblica di trasporto con mansioni di autisti di corriera. Il giudice dell’udienza preliminare aveva ritenuto di non doversi procedere perché non vi sarebbe stata “a priori possibilità di provare che i singoli certificati medici presentati dai singoli lavoratori imputati nel procedimento attestassero malattie inesistenti” (e quindi sarebbe stato impossibile provare la commissione dei reati ipotizzati). In altre parole, non era possibile effettuare alcun accertamento concreto sull’assenza di patologie legittimanti l’assenza dei lavoratori imputati, pur apparendo probabile che nelle giornate in questione vi era stata una forma di astensione dal lavoro attuata in modo non legittimo.
Avverso la sentenza del giudice di Forlì, presentava ricorso l’azienda di trasporti sulla base di due motivi: vi era insufficienza di prove circa l’effettiva sussistenza di una malattia in capo ai lavoratori; inoltre, l’astensione dal lavoro in forma non legittima era stata provata da frenetici contatti telefonici tra i lavoratori interessati nei due giorni precedenti allo sciopero (illegittimo). Era stato inoltre provato che si era tenuto un incontro tra i lavoratori per pianificare l’astensione collettiva.
La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la decisione del g.u.p. perché non ha fornito adeguata e sufficiente motivazione circa l’impossibilità di verificare la falsità delle malattie attestate dai certificati medici. “Il g.u.p. non ha spiegato – si legge nella sentenza – le ragioni in base alle quali il riscontro delle patologie che avrebbero legittimato la contemporanea assenza dal lavoro di un consistente numero di lavoratori non poteva essere effettuato in dibattimento”.
Sul secondo motivo del ricorso, la Corte ha evidenziato la contraddittorietà della motivazione della sentenza poiché il g.u.p. ha ammesso l’astensione dal lavoro attuata in modo non legittimo per il rilevante numero di certificati inviati alla società, ritenendo al contempo che non vi era a priori possibilità di provare che i singoli certificati medici presentati dai singoli lavoratori attestassero malattie inesistenti. La Cassazione, in particolare, rileva che “se l’uso dei certificati fu strumentale doveva darsi conto dei motivi per i quali restava escluso l’accertamento dell’abuso (verifica in astratto possibile attraverso indagini specifiche)”. Secondo la Cassazione, infatti, non è possibile escludere la commissione di reati per il semplice fatto che l’assenza collettiva dal lavoro per malattia è giustificata da certificati medici.