Nicolò Mastrovito
Con l’ordinanza interlocutoria 29 febbraio 2016, n. 3982, la Corte di Cassazione ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’ Unione Europea una rilevante questione pregiudiziale, concernente la possibile contrarietà dell’art. 34, co. 2, D.Lgs 10 settembre 2003, n. 276, in virtù del quale il contratto di lavoro intermittente può essere concluso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di 25 anni di età, al principio di non discriminazione in base all’età, di cui alla Direttiva CE 27 novembre 2000, n. 78 e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 21, n. 1).
L’oggetto della causa, nell’ambito della quale è stata emessa l’ordinanza in esame, trae origine da un contenzioso instaurato tra un lavoratore e una società statunitense. Nel merito, il giovane dipendente aveva stipulato con la società un contratto di lavoro intermittente a tempo determinato, poi convertito in contratto a tempo indeterminato il 1 gennaio 2012. Al raggiungimento del venticinquesimo anno di età, il 26 luglio 2012, il lavoratore veniva licenziato in ragione del limite d’età previsto dall’art. 34, co. 2, D.Lgs. 276/ 2003, come modificato dall’art. 1, co. 21, lett. a), n. 1, L. 28 giugno 2012.
Tale previsione, ora abrogata dal D. Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, in attuazione della Legge delega n. 183/2014 (c.d. Jobs Act), è stata sostituita dall’art. 13, co. 2, del medesimo D.Lgs. n. 81/2015, secondo cui “il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di eta’, purche’ le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con piu’ di 55 anni”.
La Corte d’ Appello di Milano, riformando la sentenza del Tribunale, condannava la società a riammettere il lavoratore nel posto di lavoro ed a risarcirgli il danno nella misura della retribuzione media mensile percepita nel corso del rapporto di lavoro, ritenendo che il contratto di lavoro intermittente, concluso in esclusiva ragione dell’età, era illegittimo e da considerare convertito in contratto di lavoro part-time a tempo indeterminato e che il licenziamento si poneva in contrasto con la Direttiva 2000/78 CE, la quale prevede espressamente il divieto di discriminazione in base all’età.
Contro tale sentenza, la società proponeva ricorso per Cassazione, adducendo che il giudice d’Appello ha aveva errato nel considerare violato il principio di non discriminazione, considerato che i limiti di età previsti per la stipulazione del contratto di lavoro intermittente sono posti a favore dei lavoratori e non viceversa.
In particolare, la Cassazione ha osservato come l’art. 6, co. 1, della predetta Direttiva 2000/78 stabilisca che una disparità di trattamento in base all’età non costituisce discriminazione laddove essa sia oggettivamente e ragionevolmente giustificata, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale.
Da qui, quindi, la necessità della Corte di legittimità di sollevare, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, questione pregiudiziale sull’interpretazione del principio di non discriminazione in base all’età.