Nicolò Mastrovito
Il danno esistenziale va risarcito solo nei casi previsti dalla legge anche in caso di difficoltà economiche per la lavoratrice.
La lavoratrice non ha diritto ad alcun risarcimento del danno esistenziale per il tardivo pagamento da parte dell’INPS del trattamento economico di maternità, anche nel caso in cui il ritardo comporti difficoltà economiche che incidono negativamente sulla qualità della vita del soggetto beneficiario.
In tal senso si è pronunciata la Corte di Cassazione con sentenza 4 febbraio 2016, n. 2217, chiarendo che il risarcimento del danno esistenziale (inteso quale lesione della personalità del soggetto nel suo modo di essere sia personale che sociale) si configura soltanto nel caso in cui sussista la lesione di uno dei diritti garantiti costituzionalmente, come ad esempio, il diritto alla casa, allo studio, alla salute.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato da una lavoratrice volto ad ottenere il risarcimento del danno esistenziale patito per effetto della ritardata corresponsione del trattamento economico di maternità, rilevando che nel nostro ordinamento non è ammissibile l’autonoma categoria del danno esistenziale, inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona. (Cass. S.U. 11 novembre 2008, n. 26972).
I pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona, di rango costituzionale o derivanti da fatti di reato, sono, infatti, risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c., secondo cui “il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge”, con la conseguenza che la liquidazione di un ulteriore compenso comporterebbe una duplicazione risarcitoria non consentita.