Alfonso Tagliamonte
Il Ministero del Lavoro ha pubblicato, il 22 marzo 2016, i risultati relativi all’utilizzo del Lavoro Accessorio nel 2015. Il report è stato redatto mediante l’utilizzo dei dati a disposizione dello stesso Ministero e dell’INPS, che, oltre ad essere il principale concessionario di questa tipologia di lavoro (altri concessionari sono individuati dal Ministero del Lavoro), è l’unico detentore delle informazioni relative all’intero iter burocratico del lavoro accessorio. Dalla lettura storica dei dati si nota come le prestazioni in questione hanno subito un avvio decisamente lento, forse dovuto alla particolarità dell’iter di attivazione dei rapporti di lavoro accessorio. Negli ultimi due anni, grazie anche alla semplificazione, l’impiego dei buoni lavoro (o voucher) è cresciuto esponenzialmente: nel 2015 sono stati utilizzati, infatti, da 1 milione 392mila 906 lavoratori.
Nonostante l’intervento del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (in applicazione del Jobs Act), che ha innalzato il compenso percepito dal prestatore, da 5.000 a 7.000 euro, l’importo medio riscosso da un lavoratore non è elevato, attestandosi sui 633 euro. Il 64% dei lavoratori ha ricevuto voucher fino a 500 euro di valore complessivo e solo lo 0,4% supera i 5000 euro.
La platea dei lavoratori accessori è composta da un’alta percentuale di giovani: un terzo ha, infatti, meno di 25 anni (31%) ed hanno riscosso in media voucher per un importo pari a 554 euro. Più della metà dei prestatori (61%) è compresa tra i 26 e 59 anni e percepisce mediamente 660 euro. Diversamente, gli ultra sessantenni hanno riscosso nel 2015 un importo medio lordo più alto (762 euro per i lavoratori in età compresa tra i 60 e i 65 anni, 700 euro per gli over-65). Leggendo in successione queste somme, è agevole notare come la progressiva crescita dell’importo annuo del buono sia direttamente legata all’anzianità del percettore.
Una situazione particolare riguarda l’ammontare dei voucher venduti e riscossi nel 2015. I buoni acquistati sono stati 114 milioni 925mila 180, con una crescita del 66,1% rispetto al 2014 (e questo può essere visto come un dato positivo, considerando lo scopo principale del lavoro accessorio e cioè l’emersione dal “lavoro nero”), ma poi, verificando il numero dei buoni riscossi, si nota che solo 88 milioni 140mila 789 sono stati incassati dai lavoratori (resta quindi alta la percentuale di voucher lavoro che non vengono cambiati). Sul motivo di questa immobilità del percettore possono essere elaborate numerose ipotesi. Si può pensare che l’esiguità del valore dei voucher percepiti renda il prestatore meno reattivo rispetto alla riscossione, oppure che lo stesso lavoratore attenda di accumulare un certo numero di buoni prima di provvedere all’incasso di quanto dovuto. In realtà, la seconda supposizione è più che una semplice congettura. Il sistema di gestione del lavoro accessorio, così come è congegnato, consente, infatti, un uso fraudolento dei buoni lavoro qualora si effettui il pagamento “in nero” delle ore eccedenti quelle pagate con i voucher. In questo modo, limitando l’uso dei voucher orari a uno-due per giornata di lavoro, si può arrivare a coprire un rapporto di lavoro di diversi mesi. Pertanto, il lavoratore preferirà accumulare più buoni prima di provvedere al cambio degli stessi, dato che nel frattempo percepirà comunque una somma di danaro per così dire “fuori busta”.
Per quanto concerne i settori di maggior utilizzo dei voucher, si annoverano il commercio, 14,9%, il turismo, 14,4%, e i servizi, 11,4%.
La maggior parte dei lavoratori accessori, in base a un’analisi dell’INPS riferita al 2014, si compone di soggetti privi di altra posizione previdenziale (1 milione, 400mila), mentre 168mila sono i percettori di indennità di disoccupazione e/o mobilità; infine, i percettori attivi come lavoratori dipendenti sono 281mila, mentre i pensionati a vario titolo sono 97mila.
In allegato: Report del Ministero del Lavoro su Voucher e Lavoro Accessorio