Nota a Cass. 22 marzo 2016, n. 5574.
Francesco Belmonte
È legittimo il licenziamento per giusta causa del dipendente che, usufruendo dei permessi retribuiti previsti dalla L. 5 febbraio 1992, n. 104, abbia dedicato all’assistenza del familiare disabile solo parte (17,5%, pari a 4 ore e 13 minuti) del tempo totale (24 ore) concesso come permesso retribuito per l’assistenza, indipendentemente dall’esistenza di un comportamento elusivo.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione, con sentenza del 22 marzo 2016, n. 5574, che, in conformità ai precedenti gradi di giudizio, ha ritenuto, preliminarmente, che la sussistenza dei requisiti per la concessione dei permessi per assistenza disabili e la condotta del prestatore durante la fruizione degli stessi restano distinti: il datore di lavoro può, pertanto, valutare tale condotta alla luce del canone di buona fede “che presiede all’esecuzione del contratto di lavoro” (art. 1375 c. c.).
Il comportamento tenuto dal lavoratore, come affermato anche dalla Corte d’ Appello, pur essendo compatibile con le motivazioni assistenziali, dimostra “un sostanziale disinteresse del lavoratore per le esigenze aziendali”, tale da integrare “una grave violazione dei principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto di lavoro di cui agli artt. 1375 e 1175 c. c., idonea a legittimare il recesso per giusta causa del lavoratore”.
In particolare, nonostante il dipendente si sia sempre recato presso l’abitazione del parente da assistere, la “percentuale del tempo destinata all’attività assistenziale rispetto a quello totale dei permessi” e le “altre modalità temporali in cui tale attività risulta prestata”, denotano un carattere abusivo della condotta posta in essere dal lavoratore.