Il lavoratore non è tenuto a ripetere il periodo di prova quando sia stato già assunto in precedenza dall’azienda, per svolgere le medesime mansioni. Il datore di lavoro, tuttavia, può verificare nuovamente l’affidabilità professionale del lavoratore in relazione al suo “sapere essere” ed a circostanze di salute e/o di tempo.
Nota a Cass. 9 marzo 2016, n. 4635
Flavia Durval
In tempi di flessibilità (o, se si vuole, di precarietà) come quelli attuali (in cui sempre più spesso il lavoratore è assunto con contratti a termine, specie in settori come quello turistico/alberghiero), riveste particolare rilievo la previsione, contenuta nel ccnl per i dipendenti dalle aziende del settore turismo (1° maggio 2013 – 31 agosto 2016), secondo cui “il personale che entro il termine di due anni viene riassunto, con la stessa qualifica, presso la stessa azienda ove abbia già prestato servizio, superando il periodo di prova, sarà in ogni caso dispensato dall’effettuazione di un nuovo periodo di prova. (Art. 107, 5, Parte generale, Titolo V, cap. II.).
Si tratta di un’importante previsione che ben s’inquadra con la funzione del patto di prova e che è stata oggetto di numerose pronunzie della giurisprudenza.
Dal momento che la clausola di prova deve consentire al datore di lavoro di accertare le capacità e le attitudini professionali del lavoratore e la sua complessiva idoneità alle mansioni affidate ed al contesto aziendale, il relativo patto può essere apposto anche nel caso in cui siano intercorsi fra le stesse parti precedenti rapporti di lavoro, purché lo stesso risulti ancora funzionale allo scopo di consentire ai contraenti di valutare, all’esito di un periodo adeguato di esperimento, la reciproca convenienza all’instaurazione del nuovo rapporto di lavoro (v. Cass. 9 marzo 2016, n. 4635 – su un licenziamento intimato da Poste italiane per mancato superamento del periodo di prova, reiterato dopo che la lavoratrice era stata già assunta con più contratti a termine dalla predetta società – e Cass 3 novembre 2014, n. 23381 – con riguardo al ccnl Comparto Regioni e Autonomie locali -, in Dir. merc. lav., 2015, 215, con nota di F.BELMONTE, La reiterazione del patto di prova per le stesse mansioni).
In particolare, per questa seconda sentenza è ammissibile “un ulteriore periodo di prova, in riferimento ad un secondo contratto di lavoro stipulato fra le stesse parti, per lo svolgimento delle medesime mansioni, allorquando la reiterazione della prova sia necessaria per valutare complessivamente non solo la professionalità del lavoratore, ma anche le reali capacità organizzative, propositive, di direzione e coordinamento del lavoratore medesimo in rapporto al carattere definitivo delle responsabilità a lui attribuite”;
In altre parole: tutto ciò che è utile ad evidenziare l’affidabilità professionale del prestatore.
Può essere necessario, quindi, verificare, “oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all’adempimento della prestazione, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute” (Cass. 17 luglio 2015, n. 15059, in Guida lav., 2015, n. 41, 48). Anche se deve ritenersi nullo il patto di prova apposto al contratti di lavoro quando il lavoratore abbia già lavorato alle dipendenze del datore di lavoro e “se quest’ultimo sia pienamente a conoscenza delle qualità e delle attitudini lavorative del prestatore” (Cass. 22 aprile 2015, n. 8237).
Viceversa, il patto di prova non è legittimamente apposto qualora la verifica sia già stata attuata con esito positivo in un precedente rapporto di lavoro fra gli stessi contraenti, avente ad oggetto le medesime mansioni (Trib. Roma 19 dicembre 2012, in Lav. giur., 2013, 204 e Cass. n. 15059/2015, cit.).
Per rendere valida la clausola che prevede la prova non basta, perciò, un cambiamento nominale delle nuove mansioni, ma è necessario che queste siano diverse da quelle precedenti anche sul piano sostanziale (Cass. 1 settembre 2015, n. 17371).
Nello specifico, la giurisprudenza di merito ha ritenuto nullo: a) il patto di prova apposto ad un contratto a tempo determinato preceduto da altro contratto, con annesso patto di prova superato, ed avente ad oggetto lo svolgimento di compiti sostanzialmente identici a quelli oggetto del secondo contratto (App. Milano 19 giugno 2006, n. 445); b) il patto di prova apposto ad un contratto a tempo determinato preceduto da un contratto di somministrazione a tempo determinato presso la stessa azienda con adibizione del lavoratore alle stesse identiche mansioni (con conseguente dichiarazione della illegittimità del licenziamento per mancato superamento del patto di prova) (Trib. Verona 19 marzo 2014, n. 111, in Guida lav., 2014, n. 30, 37).