Il calcolo del periodo di prova riguarda solo le giornate di effettiva prestazione e, nel corso di tale periodo, le parti sono libere di recedere dal contratto.
Maria Novella Bettini
La durata del periodo di prova, secondo il ccnl per i dipendenti dalle aziende del settore turismo (1° maggio 2013 – 31 agosto 2016), “se prevista” (il lavoratore, pertanto, se il datore di lavoro acconsente, potrebbe anche essere assunto subito in via definitiva, senza sottoporsi alla prova), deve essere comunicata (ai sensi dell’art. 1, lett. e), D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152) in forma scritta al lavoratore (art. 106, parte generale).
La durata del periodo di prova, inoltre, deve risultare dalla lettera di assunzione (ed è stabilita, in base ai livelli d’inquadramento, come segue: A e B, 180 giorni; 1, 150 giorni; 2, 75 giorni; 3, 45 giorni; 4 e 5, 30 giorni; 6S, 20 giorni; 6 e 7, 15 giorni). Ed anche l’assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare da atto scritto (art. 2096, co. 1, c. c.). La forma scritta è richiesta ad substantiam, ossia a pena di nullità della pattuizione intervenuta in qualsiasi forma diversa. Pertanto, in mancanza del requisito di forma, il patto è nullo ed è considerato come non apposto al contratto di lavoro (con l’automatica ed immediata conversione dell’assunzione in definitiva sin dall’inizio del rapporto) [Cass. 18 luglio 2013, n. 17587, in MGL., 2014, 244 (M); Cass. 29 luglio 2011, n. 16806, in GLav., 2011, n. 38, 59; Cass. 11 gennaio 2011, n. 458, in NGL, 2011, 195].
Il requisito della forma scritta si giustifica in considerazione del generale sfavore che l’ordinamento riserva alla clausola di prova, la quale pregiudica l’interesse del lavoratore alla definitività del rapporto.
La stipulazione scritta del patto di prova deve essere anteriore o, quanto meno, contestuale alla costituzione del rapporto di lavoro.
“Ai fini del computo del periodo di prova sono utili esclusivamente le giornate di effettiva prestazione lavorativa (per cui le giornate in cui il dipendente è assente per malattia non si calcolano). E la retribuzione dovuta al dipendente durante la prova non può “essere inferiore al minimo contrattuale stabilito per la qualifica attribuita al lavoratore stesso”.
La durata massima della prova è di un semestre, in linea con quanto previsto dall’art. 10 della L. 15 luglio 1966, n. 604, per il quale, decorsi sei mesi dall’inizio del rapporto di lavoro, l’assunzione diviene definitiva ed il lavoratore può essere legittimamente licenziato (non più liberamente, ma) solo se ricorre una giusta causa o un giustificato motivo.
Nel corso di tale periodo ed al termine della stessa le parti sono libere di recedere (non è necessario, dunque, che vi sia una giusta causa o un giustificato motivo di licenziamento) dal rapporto di lavoro, “senza obbligo di preavviso” e con diritto, per il lavoratore, di ricevere il TFR (trattamento di fine rapporto) (v. art. 2096 c.c.).
Il recesso può essere comunicato anche in forma orale e non vi è obbligo di motivazione, anche se (come affermato anche in giurisprudenza – Cass. 14 ottobre 2009, n. 21784) la stessa sia utile a dimostrare sinteticamente che il recesso è stato determinato effettivamente da ragioni specifiche inerenti all’esito dell’esperimento in prova (che costituisce la causa del patto) e che non è dovuto a ragioni illecite, o comunque estranee al rapporto, ed in particolare a forme di discriminazione. Secondo i giudici, poi, la motivazione è necessaria per i lavoratori disabili, allo scopo di consentire il controllo sui reali motivi del recesso, controllo finalizzato ad evitare che le particolari condizioni psico-fisiche del dipendente si risolvano in una valutazione aprioristica del datore di lavoro (v. Cass. 12 agosto 2014, n. 17898).
Se invece per la prova è stabilito un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può essere esercitata prima della scadenza del termine.
Una volta superata la prova, senza che nessuno dei due contraenti abbia dato “regolare disdetta per iscritto”, il lavoratore deve considerarsi assunto regolarmente e (solo) in tal caso il periodo viene calcolato nell’anzianità di servizio (art. 2096, co. 4, c.c.).