L’azienda che ricorre alla CIGS è tenuta ad assicurare la rotazione fra lavoratori adibiti alle stesse mansioni
Nicolò Mastrovito
Le aziende che non rispettano il “meccanismo di rotazione” dei dipendenti da sospendere in CIGS devono corrispondere un contributo addizionale maggiorato dell’1%. Tale principio è stato affermato con il D.M. 10 marzo 2016, n. 94956, attuativo dell’art. 24, co. 6, D.Lgs. n. 148/2015, che ha stabilito l’incremento della contribuzione addizionale, applicabile a titolo di sanzione, per il mancato rispetto delle modalità di rotazione dei lavoratori indicate nel verbale di esame congiunto sottoscritto per la richiesta di intervento dell’integrazione salariale straordinaria o, in mancanza di accordo, nella domanda di concessione del trattamento di CIGS.
Come noto, la cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) è una prestazione economica erogata dall’Inps per integrare o sostituire la retribuzione dei lavoratori al fine di fronteggiare le crisi dell’azienda o per consentire alla stessa di affrontare processi di ristrutturazione /riorganizzazione/ riconversione.
L’istituto della rotazione, che si basa sull’esigenza di non gravare con la riduzione delle retribuzioni soltanto alcuni lavoratori, si riferisce espressamente alla rotazione fra lavoratori adibiti alle stesse mansioni (v. art. 1, co. 7, L. 23 luglio 1991, n. 223), anche se la Cassazione (n. 6177/2004) ha ritenuto legittima l’esclusione dalla rotazione di un dipendente non avente le stesse mansioni degli altri lavoratori, allorquando la prestazione risulti contraria alle esigenze oggettive dell’azienda. Del resto, il ricorso alla rotazione non è automatico, essendo decisiva la valutazione del datore di lavoro che, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, deve tenere presenti i fattori di produttività, particolarmente importanti stanti le difficoltà per le quali si richiede un intervento integrativo di sostegno al reddito.
Il Decreto del 2016, n. 94956, prevede un meccanismo di responsabilizzazione delle imprese attraverso l’introduzione di una contribuzione aggiuntiva (art. 5, D.Lgs. n. 148/2015) in caso di ricorso all’integrazione salariale.
Tale contributo addizionale è calcolato sulla base della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, in misure pari al:
- 9% per utilizzo di integrazione salariale straordinaria fino ad un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;
- 12% per utilizzo di integrazione salariale oltre il limite delle 52 settimane, ma fino a 104 settimane, in un quinquennio mobile;
- 15% per utilizzo di integrazione salariale oltre il limite di 104 settimane in un quinquennio mobile.
Qualora, in sede di verifica ispettiva, anche a seguito di segnalazione da parte delle organizzazioni sindacali o di singoli lavoratori, emerga il mancato rispetto delle modalità di rotazione dei lavoratori sospesi concordate in sede di esame congiunto ovvero indicate nella domanda di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale, il contributo addizionale di cui all’art. 5, D.Lgs n. 148/2015, è incrementato nella misura del 1% ed è misurato sul contributo addizionale dovuto per i singoli lavoratori ai quali non e’ stata applicata la rotazione e limitatamente al periodo temporale per il quale e’ stata accertata la violazione. (art. 1, co. 1 e 2, D.M. 10 marzo 2016 n. 94956)
La direzione territoriale del lavoro competente trasmetterà gli esiti dell’accertamento alla sede territoriale dell’INPS che provvederà ad applicare la sanzione comminata in sede di verifica ispettiva.