Per l’assistenza ai figli handicappati i genitori possono prolungare il congedo parentale e fruire di permessi giornalieri e mensili retribuiti
Francesco Belmonte
La normativa introdotta a sostegno della genitorialità prevede anche specifiche misure volte a consentire ai genitori (pure adottivi o affidatari) l’assistenza a figli portatori di handicap (D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 – “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità” -, recentemente ampliato dal D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80, contenente – “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”). In particolare, qualora il minore sia portatore di handicap (art. 3, L. 5 febbraio 1992, n. 104) in situazione di gravità (accertata ai sensi dell’art. 4, L. n. 104/92), i genitori, anche quando l’altro genitore non ne abbia diritto (per esempio quando il padre sia disoccupato), godono, alternativamente, delle seguenti tutele:
1) prolungamento, entro il compimento del 12° anno d’età del figlio, del periodo di congedo parentale ordinario, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un lasso di tempo non superiore a 3 anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che in tal caso sia richiesta dai sanitari la presenza dei genitori (art. 33, co. 1, T. U.). Ai genitori beneficiari è corrisposta, a carico dell’INPS, un’indennità pari al 30% della retribuzione (anticipata, di regola, dal datore di lavoro e poi recuperata da quest’ultimo attraverso il sistema del conguaglio contributivo).
Tali astensioni sono computate nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie ed alla tredicesima mensilità (art. 34, co. 2, 4 e 5, T. U.);
2) in alternativa al prolungamento del congedo, 2 ore di permesso giornaliero (interamente) retribuito fino al compimento del 3° anno di vita del bambino (artt. 33, co.2 e 42 co. 1, T. U; art. 33, co. 2, L. n. 104/92);
3) in alternativa al prolungamento del congedo parentale ed alle 2 ore di permesso giornaliero retribuito, ad entrambi i genitori sono riconosciuti 3 giorni di permesso mensile (interamente) retribuito, che possono essere fruiti, alternativamente, anche in maniera continuativa nell’ambito del mese, a condizione che il figlio (fino ai 18 anni) versi in situazione di gravità (art. 42, co. 2, T. U.; art. 33, co. 3, L. n. 104/92).
I permessi giornalieri e mensili retribuiti (sub 2 e 3) sono cumulabili, entro il limite di 3 anni di congedo, con il congedo parentale “ordinario” e con il congedo per malattia del figlio (art. 42,co.4, T. U.). La retribuzione è anticipata, di regola, dal datore di lavoro e successivamente posta a conguaglio con i contributi da versare all’INPS (art. 43, co. 1, T. U.).
Al pari del prolungamento del congedo parentale, tali periodi di astensione sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità (art. 42, co. 2 e 34, co. 5, T. U.).
I lavoratori decadono dal diritto di fruizione di tali permessi qualora il datore di lavoro (o l’INPS) accerti l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione del diritto medesimo.
In particolare, “spetta al datore di lavoro verificare in concreto l’esistenza dei presupposti di legge per la concessione dei permessi, rispetto alla quale non ha alcuna ulteriore discrezionalità”. L’INPS interviene con un controllo preventivo “circa la congruità della richiesta con quanto previsto dalla legge, non potendo intervenire nella concessione specifica” dei benefici, la quale “rientra esclusivamente nella concreta gestione del singolo rapporto di lavoro” (v. P. GREMIGNI, JOBS ACT. Maternità e paternità, in Sole 24 Ore, 2015, 98. Cfr. anche art. 33, co. 7-bis, L. n. 104/1992; INPS Circ. 1° marzo 2011, n. 45; 29 aprile 2008, n. 53 e 23 maggio 2007, n. 90; INPS Msg. 28 maggio 2010, n. 14480 e 28 giugno 2007, n. 16866).