Maria Novella Bettini e Francesco Belmonte
Con riguardo al part time, “nel rispetto” di quanto previsto dalla contrattazione collettiva (di qualsiasi livello) ed entro i limiti dell’orario normale di lavoro per il tempo pieno (di cui all’art. 3, D.Lgs. n. 66/2003), il datore di lavoro, sia privato che pubblico, può chiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari (per singole giornate, settimane o mesi), eseguite oltre l’orario di lavoro concordato (art. 6, co.1, D.Lgs. n. 81/2015). Ed è di generale applicazione la previsione secondo cui “Il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce giustificato motivo di licenziamento” (art. 6, co. 8, D.Lgs. n. 81/2015).
Il Decreto n. 81/2015 introduce una maggiore liberalizzazione del lavoro supplementare rispetto al passato regime (D.Lgs. n. 61/2000). La novella del 2015, infatti, non dispone più che i contratti collettivi definiscano le causali in relazione alle quali è consentito al datore di lavoro di richiedere lo svolgimento di lavoro supplementare (e le conseguenze del superamento delle ore di lavoro supplementare). Si è dunque eliminata l’attribuzione per legge, alla sede collettiva, di stabilire le specifiche ragioni legittimanti l’uso del lavoro supplementare, ampliandone la possibilità di utilizzo (con la conseguenza che, qualora in tale sede siano disciplinate anche le causali, la disposizione avrà valore contrattuale e non di legge). Resta comunque ferma la possibilità, per i contratti collettivi, di fissare il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili (art. 6, co. 1, D.Lgs. n. 81/2015).
Tuttavia, non si applicano all’impiego pubblico le norme sul lavoro supplementare, valevoli per il settore privato, nell’ipotesi in cui manchi una disciplina collettiva sul punto (art. 12, D. Lgs. n. 81/2015). Qualora “il contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro non disciplini il lavoro supplementare”, il datore di lavoro (P. A.) non potrà, pertanto, richiedere al lavoratore lo svolgimento di tali prestazioni, ma dovrà accordarsi con il prestatore (art. 6, co. 2, D. Lgs. n. 81/2015).
In merito, poi, alla maggiorazione retributiva prevista per il part timer privato che esegue prestazioni supplementari, si ritiene che nel settore pubblico, in assenza di una previsione contattual-collettiva, è necessario, comunque, tenere presente l’obbligo di parità di trattamento che vige tra i dipendenti pubblici (art. 45, D.Lgs. n. 165/2001). E, considerato che non è consentita la pattuizione individuale di elementi retributivi, potrebbe prendersi come riferimento, per quantificare simile maggiorazione, il trattamento economico previsto per il lavoro straordinario, in quanto disciplina affine ( cfr. A. ZILLI, Il lavoro flessibile nelle PP. AA. dopo il Jobs Act, in LPA, 2015, 460).