Maria Novella Bettini e Francesco Belmonte
In entrambi i settori, privato e pubblico, è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale (art. 8, D.Lgs. n. 81/2015) (per il vecchio regime, v. Cass. 13 ottobre 2011, n. 21036, in LPA, 2011, 753, riguardo alle condizioni previste per la trasformazione del
rapporto di lavoro part time in quello a tempo pieno dei dipendenti del comparto Ministeri).
In particolare, il D.Lgs. n. 81/2015 fissa alcuni importanti principi che sono comuni alle due aree e che riguardano la disciplina in tema di: a) richiesta della forma scritta per l’atto che sancisce la trasformazione del rapporto (art. 8, co. 2); viceversa, per la trasformazione a tempo pieno di un rapporto part time non sono previsti obblighi di forma; b) tutela del rifiuto del prestatore di trasformare il proprio rapporto di lavoro full time in rapporto a tempo parziale o, viceversa, nel senso che tale rifiuto “non costituisce giustificato motivo di licenziamento” (art. 8, co. 1) (v. Cass. 27 ottobre 2015, n. 21875, in FI, 2015, I, 3813, secondo cui èillegittimo il licenziamento di un lavoratore solo perché rifiuta la trasformazione a tempo parziale del proprio rapporto di lavoro); c) informazione ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo pieno circa le assunzioni di personale a tempo parziale; d) diritto alla“presa in considerazione” delle domande di trasformazione a tempo parziale presentate dai dipendenti a tempo pieno (art. 8, co. 8); e) diritto alla trasformazione per lavoratori gravemente malati (affetti da patologie oncologichee cronico degenerativeingravescenti) e diritto alla ritrasformazione (da parte di tali dipendenti, ove ne facciano richiesta) del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale (art. 8, co. 3) (a tali ipotesi, inoltre, si aggiunge quanto previsto dall’art. 24, co. 6, D.Lgs. n. 80/2015, che estende il diritto alla trasformazione del rapporto full time in lavoro part time alle lavoratrici vittime di violenze di genere, inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere; il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere, poi, nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno); f) diritto alla priorità nella trasformazione per chi assiste tali malati, per genitori con figli conviventi fino a 13 anni o portatori di handicap (se richiedenti) (art. 8, co. 4 e 5) [Il diritto a fruire di “orari di lavoro flessibili” è previsto anche a favore dei “familiari fino al primo grado di studenti del primo ciclo dell’istruzione con DSA (disturbi specifici di apprendimento, quali la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia ex art. 1, co.1, L. 8 ottobre 2010, n. 170)impegnati nell’assistenza alle attività scolastiche a casa” (art. 6, co. 1, L. n. 170/2010)]; g) diritto alla sostituzionedelcongedo parentale (c. d. part time parentale) con la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, “purché con una riduzione d’orario non superiore al 50 per cento”. In altri termini, il lavoratore può richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale per tutto il periodo corrispondente al congedo non fruito, per una sola volta e con una diminuzione dell’orario non superiore al 50%. Si tratta di un diritto del lavoratore, attribuitonel solco di una maggiore sensibilità verso le esigenze di conciliazione tra vita e lavoro, al quale il datore di lavoro deve dar corso entro 15 giorni dalla richiesta (art. 8, co. 7); h) diritto di precedenza del lavoratore il cui rapporto sia trasformato da tempo pieno in tempo parziale “nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di mansioni di pari livello e categoria legale rispetto a quelle oggetto del rapporto di lavoro a tempo parziale”(art. 8, co. 6). [Tale norma non ripropone la abrogata disposizione, contenuta nell’art. 8, co. 3, D.Lgs. n. 61/2000, secondo cui per il caso di violazione, da parte del datore di lavoro, del diritto di precedenza (stabilito dal contratto individuale), il lavoratore aveva “diritto al risarcimento del danno in misura corrispondente alla differenza fra l’importo della retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio al tempo pieno nei sei mesi successivi a detto passaggio”. Anche se non pre-quantificato e limitato per legge, nell’ipotesi di violazione del diritto di precedenza sarà comunque dovuto al lavoratore un risarcimento di ammontare variabile in base al danno effettivamente subìto]. Tale previsione appare conforme al nuovo testo dell’art. 2103 c. c., come riformulato dall’art. 3, D.Lgs. n. 81/2015. La garanzia risulta ampliata rispetto al vecchio regime ed è priva (come in passato) di un limite temporale massimo. Con la conseguenza che il diritto di precedenza può essere fatto valere anche dopo un considerevole lasso di tempo rispetto al momento della nuova assunzione [il datore di lavoro non può perciò opporre l’esistenza di un consenso tacito del prestatore allo svolgimento di mansioni non corrispondenti a quelle oggetto del diritto di precedenza. Inoltre, laddove sia necessario un periodo formativo, ai sensi del co. 3, art. 2103 c. c. (nuovo testo), il subentro nelle mansioni (con orario) a tempo pieno non potrà essere immediato].
Il Decreto n. 81/2015 non ripropone l’obbligo (previsto dall’abrogato art. 2 co. 2, D.Lgs. n. 61/2000) a carico del datore di lavoro di “informare le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, con cadenza annuale, sull’andamento delle assunzioni a tempo parziale, la relativa tipologia ed il ricorso al lavoro supplementare” [in merito, occorrevalutare se tale opzione comprometta il recepimento della norma europea di cui alla clausola 5 dell’ Accordo Quadro allegato della direttiva 97/81/CE, secondo la quale i datori di lavoro, “per quanto possibile (…), dovrebbero prendere in considerazione (…) la diffusione, agli organismi esistenti rappresentanti i lavoratori, di informazioni adeguate sul lavoro a tempo parziale nell’impresa”]. In materia di informazioni alle rappresentanze sindacali aziendali assumeranno quindi rilevanza esclusiva i soli obblighi eventualmente previsti in sede di contrattazione collettiva.