Kevin Puntillo
Il dipendente che “fa sesso” in orario di lavoro è licenziabile perché viola i doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro e può mettere in pericolo la sicurezza dell’impianto.
La condotta “sessualmente attiva”, durante l’orario di lavoro, di un dipendente è sanzionabile con il licenziamento in quanto denota una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti ed è suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro nel corretto adempimento della prestazione.
Un esempio in cui la giurisprudenza ha ritenuto “incrinato” il rapporto di fiducia in considerazione delle mansioni svolte e della realtà aziendale, al punto di legittimare il licenziamento del lavoratore, è stato esaminato da Cass. 3 novembre 2014, n. 23378: i giudici hanno ritenuto legittimo “il licenziamento per giusta causa del lavoratore che, nel normale orario di lavoro, non presenziava la sua postazione lavorativa presso il banco ‘agenti di stazione’, senza avere richiesto la preventiva autorizzazione, e veniva sorpreso da una utente, nel locale in uso alla ditta di pulizie, impegnato in un atto sessuale con una donna”.
Secondo la Corte, “tale condotta costituiva una violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro e un comportamento manifestamente contrario agli interessi dell’impresa, soprattutto tenendo presente che il dipendente, con la propria azione, aveva creato un notevole pericolo per la sicurezza, poiché le sue mansioni erano di particolare responsabilità per la gestione della sicurezza dell’impianto, essendo lui l’unico agente di stazione”.
Nello specifico, secondo i giudici, il lavoratore ha compiuto “un atto contrario ai doveri del servizio e con pericolo per la sicurezza”, realizzando una violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro (in particolare, dei precetti che derivano dall’obbligo generale di diligenza), unitamente ad un comportamento manifestamente contrario agli interessi dell’impresa.