Il lavoratore può essere trasferito da un’unità produttiva all’altra solo per motivi tecnici, organizzativi e produttivi secondo i parametri stabiliti dal novellato art. 2103 c.c.
Fabio Iacobone
Secondo l’art. 2103 c.c. (nel testo sostituito, dapprima, dall’art. 13, L. 20 maggio 1970, n. 300 e, successivamente, dall’art. 3, comma 1, D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81), il lavoratore “…non può essere trasferito da una unità produttiva adun’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. (…) Ogni patto contrario è nullo”.
Dall’esame della norma emerge che il trasferimento del lavoratore, ai sensi dell’art. 2103 c.c. è caratterizzato da tre elementi fondamentali:
- cambiamento definitivo del luogo di adempimento della prestazione lavorativa dedotta nel rapporto di lavoro (v. Cass. 20 maggio 2008, n. 12736);
- due unità produttive distinte: quella di provenienza e quella di destinazione (non si configura, pertanto, come “trasferimento” lo spostamento da reparto a reparto della stessa unità produttiva: c.d. “trasferimento interno” (v. Cass. 30 settembre 2014, n. 20600, in LG, 2015, 90; Cass. 23 marzo 2012, n. 4709; Cass. 2 novembre 2011, n. 22695; Cass. 22 aprile 2010, n. 9558);
- comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che determinano la necessità del trasferimento nella situazione esistente nella sede di provenienza e nella sede di destinazione del lavoratore, restando a carico del datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza delle suddette ragioni (v. Cass. 28 gennaio 2016, n. 1608, in , 2016, n. 12, 49; Cass. 24 marzo 2015, n. 5880). A tale riguardo, la Cassazione (n. 14375/2016) ha ritenuto illegittimo licenziare un dipendente che si rifiuti di rientrare in servizio, a seguito di reintegrazione decisa dal giudice, presso una sede diversa da quella di precedente assegnazione, se l’azienda non dimostra in giudizio che il trasferimento è sorretto da effettive esigenze nel rispetto dei parametri previsti dall’articolo 2103 c.c.
I contratti collettivi possono prevedere ulteriori limitazioni al potere di trasferimento, tra cui:
- l’osservanza di un periodo di preavviso (es. art. 38, lett. A), comma II, del c.c.n.l 14 aprile 2011 per il personale non dirigente di Poste Italiane, stabilisce che (per i Livelli F, E, D, C, B) “Il trasferimento deve essere comunicato per iscritto, indicando le motivazioni per le quali è disposto, con un preavviso rispettivamente non inferiore a 45 giorni, ovvero a 60 giorni nei confronti del lavoratore senza o con famiglia a carico. La Società, in caso di particolari esigenze di servizio, può disporre il trasferimento con un preavviso inferiore rispetto ai predetti termini, erogando per il restante periodo le indennità previste in caso di trasferta”;
- la considerazione delle condizioni di ordine personale o familiare del lavoratore (in tale ipotesi, il lavoratore non può essere trasferito, pur in presenza delle ragioni obiettive previste dall’art. 2103 c.c., se non previa valutazione delle predette condizioni familiari) (v. 20 marzo 2000, n. 3287).