L’irrogazione di una sanzione conservativa in caso di recidiva esclude il licenziamento.
Nota a Cass. 12 settembre 2016, n. 17912
Francesca Albiniano
Quando una norma del contratto collettivo prevede che è irrogabile il licenziamento di un lavoratore a partire dalla quarta mancanza infrannuale per la quale sia prevista la sospensione, il datore di lavoro dovrà contestare la nuova specifica mancanza, precisando che la stessa realizza la recidiva oltre la terza volta nell’anno solare rispetto a tre mancanze precedenti; dopodiché potrà intimare il licenziamento, a meno che non decida di irrogare una sanzione diversa.
E’ questo il caso del ccnl Aziende del Terziario, distribuzione e servizi (1/1/2007- 31/12/2010), il quale , all’art. 225, prevede il licenziamento senza preavviso, tra l’altro, per la “recidiva, oltre la terza volta nell’anno solare, in qualunque delle mancanze che prevedono la sospensione, fatto salvo quanto previsto per la recidiva nei ritardi”.
Sicché, consuma definitivamente il proprio potere disciplinare l’azienda che, pur potendo irrogare il licenziamento “per recidiva oltre la terza volta”, in occasione della quarta mancanza non opti per il licenziamento, irrogando una sanzione conservativa.
Ne consegue l’annullamento del licenziamento in quanto basato su una recidiva per precedenti comportamenti già puniti con sanzione disciplinare, in assenza di un’autonoma infrazione sanzionabile. Il datore di lavoro, infatti, “in difetto di contestazione di una nuova infrazione non può riesaminare in sede disciplinare le precedenti mancanze, già colpite ciascuna da sanzioni di tipo conservativo, per applicare per quelle stesse infrazioni, sia pure unitariamente considerate, una più grave sanzione di carattere espulsivo” (v. Cass. 27 marzo 2009, n. 7523).
Lo ha precisato la Cassazione (12 settembre 2016, n. 17912), affermando che “il datore di lavoro, una volta esercitato validamente il potere disciplinare nei confronti del prestatore di lavoro in relazione a determinati fatti costituenti infrazioni disciplinari, non può esercitare una seconda volta, per quegli stessi fatti, il detto potere ormai consumato, essendogli consentito soltanto di tener conto delle sanzioni eventualmente applicate, entro il biennio, ai fini della recidiva” (v. anche Cass. 4 luglio 1991, n. 7391).