L’attività lavorativa svolta dal dipendente malato deve essere compatibile con lo stato morboso
Nota a Cass. 2 dicembre 2016, n. 24671
Kevin Puntillo
Il lavoratore, al quale sia contestato in sede disciplinare lo svolgimento di un altro lavoro durante un’assenza per malattia, ha “l’onere di dimostrare la compatibilità dell’attività con la malattia impeditiva della prestazione lavorativa contrattuale e la sua inidoneità a pregiudicare il recupero delle normali energie psico-fisiche”.
Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con sentenza 2 dicembre 2016, n. 24671, di conferma della decisione dei giudici di merito (v. anche Cass. n. 586/2016).
Nella fattispecie, il dipendente, nonostante lo stato di malattia, era stato trovato alle ore 21 presso il paese ove risiedeva in una pizzeria con un grembiule nero, mentre svolgeva attività inerente l’ordinazione dei pasti, il servizio, la stesura e la riscossione del conto (il lavoratore aveva anche un contratto di associazione in partecipazione per operare nella pizzeria dove era stato sorpreso a lavorare benché in stato di malattia).
La Corte di appello aveva ritenuto che:
- a) la compatibilità tra malattia ed attività svolta doveva essere dimostrata dall’appellante e, sebbene il fatto fosse stato previamente contestato al dipendente, questi non si era difeso in sede disciplinare e, successivamente, aveva ammesso i fatti in sede di interrogatorio libero;
- b) dalla vicenda, a parte la violazione degli obblighi di correttezza, emergeva la commissione di un’azione “disonorevole ed immorale” posto che il dipendente aveva svolto attività lavorativa in stato di malattia. Per tale motivo, l’azienda, correttamente aveva disposto la destituzione del lavoratore, ai sensi dell’art. 5, co. 5, Regolamento All. A al RD n. 148/1931, in relazione ai numeri 3-8 dell’art. 45; sanzione, questa, non sproporzionata visto il carattere moralmente e socialmente disdicevole dello svolgimento di attività, pur in stato di malattia, come tale idoneo ad incrinare il rapporto fiduciario tra le parti.
Il lavoratore assente per malattia, secondo l’orientamento consolidato, deve assumere un comportamento improntato al rispetto dei principi di correttezza (art. 1175 c. c.) e di buona fede (art. 1375 c. c.), nonché di diligenza (art. 2104 c. c.) e di fedeltà (art. 2105 c. c.) (V., fra le altre, Cass. 22 maggio 2015, n. 10627, secondo cui la prestazione di attività lavorativa in favore di terzi, da parte del dipendente che goda di un periodo di riposo, è sanzionabile (anche con il licenziamento) in quanto, impedendo la reintegrazione delle energie psicofisiche del lavoratore, risulti pregiudizievole al corretto adempimento dell’obbligazione lavorativa verso il suo datore di lavoro; Cass. 4 luglio 2014, n. 15365 e Cass. 8 marzo 2013, n. 5809, in Dir. merc. lav., 2014, 267, con nota di IOELE, Considerazioni sulla giurisprudenza in tema di licenziamento dell’ammalato che svolge altra attività. V. anche Cass. 9 gennaio 2015, n. 144, che ha ritenuto legittimo il licenziamento del dipendente che, assente dal lavoro per malattia, senza riferire alcunché al datore di lavoro, aveva continuato a svolgere una pratica sportiva del tutto incompatibile con le sue condizioni fisiche, creando le condizioni per il rischio di aggravamento delle condizioni stesse).
Pertanto, secondo la giurisprudenza, lo svolgimento di altra attività lavorativa durante la malattia può giustificare il licenziamento per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e di fedeltà, oltre che nell’ipotesi in cui l’attività svolta sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche quando la medesima attività appare idonea a pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore.
La prestazione di attività lavorativa presso terzi con lo svolgimento delle medesime mansioni è stata di per sé ritenuta idonea a compromettere o comunque ritardare la guarigione, legittimando il licenziamento del dipendente. Viceversa, lo stato di malattia è compatibile con l’esercizio di altre attività lavorative e non lavorative, quando non pregiudicano la guarigione o la sua tempestività (es. attività amatoriali, ludico ricreative o hobbistiche) (v. Cass. 27 febbraio 2008, n. 5106. Per la giurisprudenza di merito, cfr., tra le altre, Trib. Rieti 13 febbraio 2014, in Guida lav., 2014, n. 38, 42).