L’omessa timbratura del cartellino, in ingresso, in uscita ed intermedia, è condotta negligente che giustifica il licenziamento.                                                                                   

Silvia Rossi – Commercialista in Albinia (Gr.)

La reiterata violazione della regola aziendale riguardante l’obbligo dei lavoratori di attestare la propria presenza in entrata e in uscita mediante il c.d. badge elettronico, con utilizzo della registrazione manuale al di fuori di ogni plausibile ragione, integra “condotta grave sotto il profilo oggettivo (non consentendo un controllo circa il rispetto dell’orario di lavoro e l’espletamento degli straordinari) e sotto il profilo soggettivo (in ragione dell’assenza di una valida ragione giustificatrice fornita dal lavoratore)”.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza 8 novembre 2016, n. 22661, rilevando che la descritta condotta “denota scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti dal lavoratore, conformando il proprio comportamento a canoni di buona fede e correttezza, il tutto con grave negazione dell’elemento fiduciario”.

La materia non è sempre affrontata in modo univoco. V., su questo Blog i contributi di: P. PIZZUTI, Reclusione per il dirigente medico in intramoenia che non fattura e si fa timbrare il cartellino da colleghi; M.P. BONI, La falsa attestazione del pubblico dipendente circa la presenza in ufficio riportata sui cartellini marcatempo o nei fogli di presenza costituisce condotta fraudolenta che legittima il licenziamento; KEVIN PUNTILLO, Quando il CCNL, in caso di timbratura di presenze irregolari, non prevede la sanzione espulsiva, bensì solo una sanzione conservativa con sospensione dal servizio, il licenziamento è invalido.

Inoltre, in un’ipotesi di mancata timbratura del cartellino, v. Cass. 21 luglio 2009, n. 30346, la quale ha ritenuto che il dipendente responsabile di un solo episodio di assenteismo non fosse responsabile di truffa e passibile di conseguente licenziamento (contra, Cass. 6 novembre 2009, n. 23623; Trib. Padova 21 agosto 2014, in GLav, 2014, n. 44, 44).

Recentemente, con riguardo al pubblico impiego, la Cassazione (14 dicembre 2016, n. 25750)  ha affrontato il caso di un dipendente che aveva fornito una attestazione non veritiera sulla sua effettiva presenza nel luogo di lavoro (non con l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza, ovvero facendosi timbrare l’uscita da un collega, ma), allontanandosi senza autorizzazione negli intervalli tra la timbratura d’ingresso e quella d’uscita e, quindi,, omettendo di registrare le timbrature intermedie.

Come noto, solo con la Riforma Madia (D.Lgs. n.116/2016, art. 3) si sancisce in modo esplicito che costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno (circa il rispetto dell’orario di lavoro) l’amministrazione presso cui lo stesso lavora. Tuttavia, secondo la Cassazione, anche prima della riforma la normativa non poteva essere interpretata nel senso di ridurre la condotta sanzionata con il licenziamento ai soli casi di alterazione/manomissione del sistema di rilevazione delle presenze in servizio.

Ne consegue che l’art. 55 quater, D.Lgs n. 165/2001 che, nella versione precedente alla Riforma Madia, sanzionava soltanto il comportamento fraudolento volto ad alterare e/o manomettere i sistemi di rilevamento della presenza, va interpretato nel senso che “la registrazione effettuata attraverso l’utilizzo del sistema di rilevazione della presenza sul luogo di lavoro è corretta e non falsa solo se nell’intervallo compreso tra le timbrature in entrata ed in uscita il lavoratore è effettivamente presente in ufficio, mentre è falsa e fraudolentemente attestata nei casi in cui miri a far emergere, in contrasto con il vero, che il lavoratore è presente in ufficio dal momento della timbratura in entrata a quello della timbratura in uscita».

Pertanto, la mancata segnalazione dell’uscita nel sistema di rilevazione della presenza in servizio va ricondotta entro la fattispecie che punisce con il licenziamento la «falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente» E’ dunque falsa e fraudolentemente attestata qualsiasi registrazione che «miri a fare emergere, in contrasto con il vero, che il lavoratore è presente in ufficio dal momento della timbratura in entrata a quello della timbratura in uscita».

Mancata o falsa attestazione della presenza e licenziamento disciplinare
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