Il lavoratore che risulti assente al controllo domiciliare della malattia può essere licenziato per inosservanza dell’obbligo di reperibilità, salvo che si rientri in specifiche ipotesi di assenza giustificata.
Nota a Cass. 2 dicembre 2016, n. 24681.
Francesco Belmonte
L’obbligo del lavoratore “in malattia” di rendersi reperibile alle visite di controllo presso il suo domicilio (ex art. 5, L. n. 638/1983) costituisce, al tempo stesso, «un onere all’interno del rapporto assicurativo ed un obbligo accessorio alla prestazione principale del rapporto di lavoro, ma il cui contenuto resta, in ogni caso, la “reperibilità” in sé; con la conseguenza che l’irrogazione della sanzione può essere evitata soltanto con la prova, il cui onere gravasul lavoratore, di un ragionevole impedimento all’osservanza del comportamento dovuto». La prova della effettività della malattia resta invece irrilevante rispetto allo scopo dell’assolvimento tempestivo ed efficace dei controlli da parte delle strutture pubbliche competenti, attivate dall’ente di previdenza ovvero dal datore di lavoro ai sensi dell’art. 5, L. 20 maggio 1970 n. 300.
E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione 2 dicembre 2016, n. 24681 (di conferma della sentenza della Corte di appello di Catania 13 dicembre 2013, n. 1266 che aveva a sua volta confermato la sentenza del Tribunale di Ragusa 29 febbraio 2008) in una fattispecie relativa ad un lavoratore della Spa Poste Italiane (preposto ad un ufficio, con compiti di coordinamento e di controllo di altri dipendenti), ripetutamente assente alle visite domiciliari di controllo della malattia, il quale aveva negligentemente reiterato il proprio comportamento, rilevante sul piano disciplinare, pur dopo l’applicazione di una prima sanzione (della multa) e di quelle successive (sospensione dal servizio con progressione crescente di un giorno, cinque e dieci giorni). Il lavoratore non aveva mai documentato, neppure ex post, alcuna causa di giustificazione in relazione all’assenza dal domicilio, producendo altresì certificati medici inidonei a provare un serio e fondato motivo che giustificasse l’assenza alle visite domiciliari di controllo (v. anche Cass. n. 3226/2008 – per la quale la “violazione da parte del lavoratore dell’obbligo di rendersi disponibile per l’espletamento della visita domiciliare di controllo entro tali fasce assume rilevanza di per sé, a prescindere dalla presenza o meno dello stato di malattia, e può anche costituire giusta causa di licenziamento”-; Cass. n. 2756/1995; Cass. n. 13982/1991).
Secondo il costante orientamento della Cassazione, non è sufficiente che il dipendente si limiti a produrre il certificato medico attestante l’effettuazione di una visita specialistica. Egli, infatti, deve dare dimostrazione delle “comprovate necessità” che impediscono l’osservanza delle fasce orarie, e cioè che la visita non poteva essere effettuata in altro orario al di fuori delle predette fasce, “ovvero che la necessità della visita era sorta negli orari di reperibilità, tenuto conto che il giustificato motivo di assenza del lavoratore ammalato dal proprio domicilio durante le fasce orarie di reperibilità, di cui all’art. 5 della normativa sopra indicata, si identifica in una situazione sopravvenuta che comporti la necessità assoluta ed indifferibile di allontanarsi dal luogo nel quale il controllo deve essere esercitato”.
Nello specifico, il ccnl per il personale non dirigente di Poste Italiane Spa 11/7/2007 (art. 43, co. 9) prevede esplicitamente che il “constatato mancato rispetto da parte del lavoratore degli obblighi” indicati al precedente co. 8 (e cioè l’obbligo del lavoratore in malattia di trovarsi fin dal primo giorno di assenza dal lavoro nel domicilio comunicato al datore “in ciascun giorno, anche se domenicale o festivo, dalle ore 10 alle 12 e dalle ore 17 alle 19” nonché l’obbligo di dare “preventiva comunicazione alla Società” nel caso in cui, durante tali fasce orarie, egli debba assentarsi dal proprio domicilio “per visite, prestazioni o accertamenti specialistici o per altri giustificati motivi”), “comporta la perdita del trattamento di malattia, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, ed è sanzionabile con l’applicazione di provvedimento disciplinare”.
Per contro, il datore di lavoro non può intimare una sanzione disciplinare (e quindi anche il licenziamento), qualora l’assenza del prestatore alla visita medica di controllo sia giustificata – e dimostrata con regolare certificazione – dalla sussistenza di una delle seguenti ipotesi:
- ricovero ospedaliero ovvero concomitanza di visite, prestazioni e accertamenti medici, quando sia dimostrato che gli stessi non potevano essere effettuati in orario diverso da quello corrispondente alle fasce di reperibilità (ad es.: cure dentistiche; ritiro radiografie; necessità di un’iniezione) (sul punto si v., Cass. 28 gennaio 2008, n. 1809, in LPO, 2008, 1741, con nota di A. TAGLIAMONTE, Assenza del lavoro malato durante le c.d. fasce di reperibilità);
- forza maggiore (ad es. terremoto);
- situazioni che abbiano reso imprescindibile ed indifferibile la presenza personale del lavoratore altrove per evitare gravi conseguenze per sé o per i componenti del nucleo familiare (ad es. il lavoratore ha accompagnato il figlio all’ospedale);
- concomitanza di visite, prestazioni e accertamenti specialistici. Nel caso in cui l’assenza alla visita di controllo venga motivata dal dipendente con la sua concomitante presenza presso un ambulatorio medico per visite e accertamenti, tale motivazione potrà ritenersi giustificativa a condizione che si tratti di accessi all’ambulatorio che non potevano essere effettuati in ore diverse da quelle corrispondenti alle fasce orarie di reperibilità;
- patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione della Struttura sanitaria, che attesti la natura della patologia e la specifica terapia salvavita da effettuare (v. INPS Circ., n. 95/2016);
- stati patologici sottesi o connessi a situazioni di invalidità riconosciuta, tale da determinare una riduzione della capacità lavorativa, in misura pari o superiore al 67% (v. INPS Circ., n. 95/2016).