La qualifica del dirigente di banca è caratterizzata da un elevato grado di autonomia e potere decisionale.

Flavia Durval 

Le caratteristiche della categoria dei dirigenti (art. 2095 c. c.) del settore privato, non essendo specificate in disposizioni legislative, sono definite in sede di contrattazione collettiva e frequentemente precisate in sede giurisprudenziale.

Al riguardo, la Cassazione (31 gennaio 2017, n. 2512), relativamente al ricorso di una dipendente di un Istituto di credito, ha confermato la decisione della Corte di Appello di Roma (16 settembre 2010) che aveva preso in esame le mansioni concretamente svolte dalla lavoratrice ricorrente rilevando che: a) l’ufficio Ispettorato ed Internai Audit, di cui la medesima era stata nominata responsabile, era stato affidato, nel dicembre 2002, ad una società esterna in conformità alle indicazioni della Banca d’Italia; b) che la dipendente non aveva poteri decisionali; c) prestava la propria attività in un ufficio formato essenzialmente da lei sola, oltre ad un primo, breve, periodo in cui vi era stato un altro dipendente; d) e svolgeva funzioni di collegamento tra l’Istituto e la società di revisione, nonché funzioni di supporto alla Direzione generale, “e ciò proprio perché l’attività di audit era esternalizzata e, quindi, essenzialmente di competenza della società terza”.

La Cassazione ha concordato con le conclusioni del giudice di merito secondo cui “ponendo a raffronto le declaratorie contrattuali di quadro direttivo e di dirigente,… le funzioni espletate dalla ricorrente erano proprie della qualifica apicale di quadro direttivo a lei attribuita, mentre doveva escludersi il richiesto livello dirigenziale, atteso che ciò che caratterizza la figura del dirigente “è, non tanto, l’elevato grado di professionalità, ma l’elevato grado di autonomia e potere decisionale da esplicarsi in funzione di promozione, coordinamento e gestione generale per la realizzazione degli obiettivi dell’azienda” (v., per i dirigenti, l’art. 2 ccnl e. per i quadri, l’art. 66 ccnl).

Come noto, in mancanza di una qualificazione normativa generale ed univoca della dirigenza, la giurisprudenza, alla luce delle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi, ha elaborato una serie di requisiti di appartenenza alla categoria, che possono sintetizzarsi come segue.

  • autonomia: il dirigente è un lavoratore preposto ad uno o più reparti e/o servizi aziendali autonomi (Cass. 22 febbraio 2011, n. 4272, in DPL, 2011, 2209) e/o ad una linea di produzione rilevante. Egli gode, perciò, di una ampiezza di funzioni e di libertà decisionale (Cass. 3 ottobre 2014, n. 20949, in GLAV, 2014, n. 44, 42), essendo «soggetto solo a direttive generali e ad un controllo» successivo «sui risultati raggiunti»;
  • fiduciarietà: la dirigenza gode di un rapporto privilegiato con il datore di lavoro. Tale rapporto, soprattutto per il dirigente di vertice, è particolarmente stretto ed intenso, determinando un’attenuazione della dipendenza gerarchica, a fronte di un’ampia collaborazione fiduciaria con il datore di lavoro (Cass. S.U. 29 maggio 1995, n. 6041, in RIDL, 1995, II, 898);
  • discrezionalità: è qualificabile come dirigente il soggetto che ha la capacità di scegliere autonomamente fra diverse opzioni di carattere gestionale e/o di alto livello professionale e/o caratterizzate da precisi impegni e responsabilità (Cass. 11 luglio 2007, n.15489, in GLAV, 2007, n. 42, 31), senza necessità di chiedere costantemente al datore di lavoro istruzioni o consensi per le scelte adottate.;
  • incisività decisionale: questo requisito è inteso come attitudine ad avere immediata incidenza «sugli obiettivi complessivi dell’impresa» (Cass. 3 giugno 2014, n. 12356, in GLAV, 2014, n. 27, 32) o ad imprimere un indirizzo e un orientamento sul «governo complessivo dell’azienda» (Cass. 26 settembre 2007, n. 20165, in GLAV, 2008, n. 1, 36), con «scelte di respiro globale», o, ancora, ad incidere «nella determinazione e promozione della politica economica aziendale», o sulla «realtà organizzativa»;
  • alta professionalità: l’elevato livello professionale che caratterizza l’area dirigenziale presuppone il possesso di una alta specializzazione tecnica che consenta al dirigente di collocarsi sul mercato del lavoro in una posizione di particolare forza ed autonomia (App. Roma 28 gennaio 2008, n. 7390);
  • potere: questo fattore indica la possibilità del dirigente d’impartire autonomamente direttive nell’area di propria competenza (Cass. 30 agosto 2004, n.17344); il mero coordinamento di un gruppo di lavoro non comporta, però, il diritto al riconoscimento della qualifica di dirigente (Cass. 9 settembre 2013, n. 20600);
  • responsabilità (ad alto livello): tale elemento è un corollario dell’esercizio del potere e, talvolta, deriva da un atto formale ( n. 18165/2015), quale il conferimento di procure per la rappresentanza di una società o gruppo di società (Cass. 24 giugno 2009, n. 14835 e Cass. 11 luglio 2007, n. 15849), ovvero per la carica di amministratore della società datrice di lavoro (Cass. 7 luglio 2015, n. 14023, in GLAV, 2015, n. 40, 53).

Il 30 dicembre 2014 è stato sottoscritto tra Federmanager e Confindustria l’accordo di rinnovo del CCNL 25 novembre 2009 per i Dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi. L’accordo, che integra e sostituisce il precedente contratto collettivo del 2009, decorre dal 1 gennaio 2015 e avrà scadenza il 31 dicembre 2018.

 

Le caratteristiche del dirigente
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