Niente patto di prova dopo la trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato di una somministrazione illegittima se tra le stesse parti è già intercorso un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Nota a Cass. 9 febbraio 2017, n. 3469
F. Belmonte
Qualora venga dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (a causa dell’illegittimo ricorso alla somministrazione di manodopera), all’atto della riammissione in servizio non può essere imposto al dipendente – quale condizione per il reimpiego – un nuovo patto di prova.
In tale linea si è pronunciata la Cassazione (9 febbraio 2017, n. 3469), la quale ha dichiarato illegittimo il periodo di prova (della durata di tre mesi, con previsione di libera recedibilità durante tale periodo) inserito in un “nuovo” contratto di lavoro a tempo indeterminato, ritenuto dalla Società datrice funzionale per l’espletamento delle nuove mansioni di archiviazione ottica di documenti che il dipendente si prestava a svolgere, diverse da quelle di video codifica, eseguite prima della riammissione in servizio. A causa della presenza di tale clausola di prova, il prestatore si era rifiutato di sottoscrivere il contratto ed era stato invitato dalla Società ad allontanarsi dall’azienda. Ciononostante, la Società gli intimava il licenziamento per le assenze ingiustificate dal lavoro.
In merito, la Corte ha ritenuto ingiustificato il recesso datoriale, in quanto la condotta posta in essere dal dipendente (ex art. 1460 cod. civ.) era determinata dall’illegittimo rifiuto della Società di accettare la sua prestazione in difetto della sottoscrizione della clausola di prova.
Per quel che concerne, poi, il patto apposto al contratto, i Giudici di legittimità, confermando il ragionamento della Corte d’Appello, hanno ribadito la ratio dell’istituto, il quale, ai sensi dell’art. 2096 cod. civ., “tutela l’interesse di entrambe le parti a sperimentare la convenienza del rapporto di lavoro che si intende instaurare, consentendo, proprio in ragione di detto interesse, il recesso ad nutum qualora l’esperimento abbia dato esito negativo.” Da ciò consegue che, “ove il rapporto di lavoro si sia già consolidato a tempo indeterminato, la verifica preliminare non ha più ragione di essere compiuta; la clausola di prova non può quindi più essere apposta, neppure se al lavoratore vengano assegnate mansioni diverse da quelle di assunzione” (come nel caso in esame n.d.r.) in quanto in tal modo se ne snaturerebbe la causa e si eluderebbe la disciplina limitativa del licenziamento applicabile al rapporto”. Si è quindi esclusa la possibilità di introdurre il patto di prova nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ammettendolo “tra le stesse parti solo nel caso di contratti di lavoro diversi e successivi, e solo a condizione che vi sia la necessità per il datore di lavoro di verificare elementi sopravvenuti e/o ulteriori rispetto alla valutazione già compiuta” [in questa direzione, cfr. Cass. n. 15059/2015, Cass. n. 10440/2012 e F. Durval, Assunzioni successive e ripetizione della prova (con particolare riguardo al ccnl turismo), in questo Blog, ed i riferimenti giurisprudenziali ivi contenuti].