Nota a Cass. 16 febbraio 2017, n. 4120
Francesca Albiniano
È pienamente applicabile la sanzione disciplinare vigente al momento in cui è stato intimato il licenziamento anche se la condotta sanzionabile è stata posta in essere in epoca antecedente. In altri termini, nel caso di licenziamento disciplinare non rileva che al fatto contestato sia applicabile una sanzione prevista da una disposizione entrata in vigore in epoca successiva a detti fatti ed anteriore al provvedimento espulsivo.
Lo ha stabilito la Cassazione (16 febbraio 2017 n. 4120), rilevando che il licenziamento disciplinare non è consentito se non è previsto dalle regole vigenti al momento dell’irrogazione del provvedimento stesso, non essendo possibile l’applicazione dei precetti vigenti al momento della commissione della violazione.
Nel caso specifico, la società aveva irrogato la sanzione espulsiva ad un dipendente a seguito di una pluralità di contestazioni legate a fatti per i quali il contratto collettivo prevedeva la sanzione espulsiva.
Nelle more, tra la contestazione e il licenziamento, l’impresa aveva però adottato un regolamento aziendale le cui norme disciplinari integrative ricollegavano, alle circostanze in contestazione, unicamente l’irrogazione di una sanzione conservativa.
La Corte territoriale aveva ritenuto illegittimo il provvedimento espulsivo, sul presupposto che, anche se per le fattispecie commesse il ccnl prevedeva la sanzione espulsiva, il successivo regolamento aziendale adottato dalla società resistente aveva previsto, per i medesimi fatti, una sanzione conservativa.
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione resa in grado di Appello, sostenendo che, nella fattispecie, non si trattava dell’applicazione retroattiva delle disposizioni di regolamento aziendale al momento della commissione della violazione, ma semplicemente di applicare la normativa in vigore al momento dell’irrogazione della sanzione.
Nello specifico, i giudici hanno affermato che le sanzioni disciplinari, “pur potendo esser definite come tali, non possono essere equiparate ad una “pena”, essendo pur sempre di natura civile; talché non opera il principio dì irretroattività sancito dall’art. 25 Cost., co. 2, che prescrive che nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.
E se è pur vero anche che dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, formatasi sull’interpretazione degli artt. 6 e 7 della CEDU, si ricava il principio secondo il quale tutte le misure di carattere punitivo-afflittivo devono essere soggette alla medesima disciplina della sanzione penale in senso stretto (così Corte cost. n. 104 del 2014), non può sottacersi che la sanzione disciplinare non si inserisca in un rapporto di soggezione connotato dall’esercizio di un potere pubblico e quindi non può qualificarsi “pena” neppure in senso lato.
Le considerazioni sinora svolte inducono ad affermare che debba essere riconosciuta l’applicabilità della sanzione disciplinare vigente al tempo in cui è stato intimato il licenziamento, anche se la condotta sanzionabile è stata posta in essere in epoca anteriore.