Negata la pensione di reversibilità al convivente more uxorio.
Flavia Durval
Nota a Cass. 3 novembre 2016, n. 22318
L’attuale sistema previdenziale non prevede la reversibilità del trattamento pensionistico di inabilità al convivente more uxorio. Tale principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con sentenza 3 novembre 2016, n. 22318 che, confermando le statuizioni dei giudici di primo e secondo grado, ha escluso un’equiparazione tra la posizione del convivente superstite e quella del coniuge, in linea con quanto già statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 3 novembre 2000, n. 461, secondo cui “la mancata inclusione del convivente “more uxorio” tra i soggetti beneficiari del trattamento pensionistico di reversibilità trova una sua non irragionevole giustificazione nella circostanza che il suddetto trattamento si collega geneticamente ad un preesistente rapporto giuridico”.
La Cassazione ha altresì rilevato che anche la recente L. 20 maggio 2016, n. 76, contenente la “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” non attribuisce al convivente more uxorio il diritto alla pensione di reversibilità, a differenza dell’ampia previsione dei trattamenti riconosciuti dal 20° comma, dell’art. 1 alla parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso disciplinata nelle forme previste dalla legge stessa, ivi compresa la titolarità del diritto alla pensione ai superstiti.
Per approfondimenti in tema di tutela previdenziale dei superstiti, v. M. CINELLI, Diritto della previdenza sociale, Torino, 2015, 617 ss.; M. PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, Padova, 2014, 296 ss.; R. PESSI, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Torino, 2016, 429 ss.
Sull’intrasmissibilità della pensione di reversibilità ai superstiti, cfr. Cass. 8 agosto 2002, n. 11999, in Arch. civ., 2003, 684, che ha escluso che, alla morte del titolare di pensione di reversibilità, tale trattamento venga ulteriormente attribuito ai suoi superstiti.