Il datore di lavoro che cessi l’attività aziendale deve comunicare all’associazione sindacale, entro sette giorni,  i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare.

Nota a Cass. 10 maggio 2017, n. 11404 

Donatella Casamassa

Sebbene la scelta dell’imprenditore di cessare l’attività costituisca esercizio incensurabile della libertà d’impresa garantita dall’art. 41 Cost., il legislatore ha inteso evitare elusioni al dettato normativo concernente i diritti dei lavoratori alla prosecuzione del rapporto, nell’ipotesi in cui la cessazione dell’attività dissimuli la cessazione dell’azienda o la ripresa dell’attività stessa sotto diversa denominazione o in diverso luogo. Ciò, con la procedimentalizzazione dei licenziamenti collettivi che conseguono alla suddetta cessazione.

In base a tale principio, ribadito di recente dalla Corte di Cassazione (10 maggio 2017, n. 11404; v. anche Corte Cost. n. 6/1999; Cass. n. 13297/2007; 15643/2005; n. 5700/2004 e n. 5516/2003),  “nel dato testuale insuperabile, costituito dall’art. 24 co.2, L. n. 223/1991, che estende alle imprese che intendono cessare l’attività le disposizioni relative alla comunicazione in tema di procedura di mobilità, deve considerarsi irrilevante, ai fini di cui trattasi, la cessazione dell’attività dell’azienda” (nella fattispecie esaminata dal giudice di legittimità, la comunicazione finale del licenziamento, con l’indicazione delle modalità applicative dei criteri di scelta era stata inviata alle associazioni di categoria ed alla struttura pubblica oltre due mesi dopo la comunicazione ai lavoratori dei licenziamenti ritenuti illegittimi dalla Corte)

Nello specifico,  secondo la Cassazione, il requisito della contestualità della comunicazione del recesso al lavoratore, alle organizzazioni sindacali ed ai competenti uffici del lavoro, richiesto a pena d’inefficacia del licenziamento medesimo (art. 5, co.3, L. n. 223/1991 e Cass. n. 8680/2015), deve essere valutato nel senso di:

  1. “una necessaria ed ineliminabile contemporaneità delle due comunicazioni la cui mancanza può non determinarne l’inefficacia, solo se sostenuta da giustificati motivi di natura oggettiva, da comprovare dal datore di lavoro” (Cass. 31 marzo 2011, n. 7490; 17 luglio 2009, n. 16776; e 23 gennaio 2009, n. 1722);
  2. consentire – mediante la contestualità fra comunicazione del recesso al lavoratore e comunicazione alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro -, al sindacato e, tramite questo, ai lavoratori, il controllo sulla correttezza nell’applicazione dei criteri di legge da parte del datore di lavoro e di sollecitare, prima dell’impugnazione del recesso in sede giudiziaria, la revoca del licenziamento eseguito in loro violazione;
  3. evitare che (ove si accedesse ad una nozione “elastica” della suddetta contestualità, riferita anche alla data in cui il licenziamento abbia effetto), il lavoratore debba, al fine di non incorrere in una decadenza del termine di cui all’art. 6, L. 15 luglio 1966, n. 604, impugnare il licenziamento senza la previa conoscenza dei criteri di scelta (v. Cass. 28 ottobre 2015, n. 22024; e 29 aprile 2015, n. 8680).
Cessazione dell’attività aziendale e comunicazione al sindacato
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