Il dipendente in malattia non può svolgere, pena il licenziamento, attività che aggravino i postumi della malattia
Maria Novella Bettini
È legittimamente licenziabile il dipendente “in malattia” che, pur avendo riportato una distorsione alla caviglia, partecipi, durante la malattia, a due partite calcistiche, compromettendo in tal modo la propria guarigione.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione (2 maggio 2017, n. 10647) considerando la condotta in questione gravemente lesiva del legame fiduciario con l’azienda.
Il lavoratore assente per malattia deve, infatti, assumere un comportamento improntato al rispetto dei principi di correttezza (art. 1175 c.c.) e di buona fede (art. 1375 c.c.), nonché di diligenza (art. 2104 c.c.) e di fedeltà (art. 2105 c.c.).
Di conseguenza, secondo la giurisprudenza, lo svolgimento di altra attività lavorativa durante la malattia può giustificare il licenziamento per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e di fedeltà. Ciò, non solo nell’ipotesi in cui l’attività svolta sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, ma anche quando la medesima attività appaia idonea a pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore, come nel caso esaminato dalla sentenza in commento. Pertanto:
- da un lato, la prestazione di attività lavorativa presso terzi con lo svolgimento delle medesime mansioni essendo di per sé idonea a compromettere o comunque ritardare la guarigione, legittima il licenziamento del dipendente (si veda, fra le tante, Cass. 22 maggio 2015, n. 10627, secondo cui la prestazionedi attività lavorativa in favore di terzi, da parte del dipendente che goda di un periodo di riposo, è sanzionabile (anche con il licenziamento) in quanto, impedendo la reintegrazione delle energie psicofisiche del lavoratore, risulti pregiudizievole al corretto adempimento dell’obbligazione lavorativa verso il suo datore di lavoro; 4 luglio 2014, n. 15365, che ha ritenuto legittimo il licenziamento, per violazione del divieto di non concorrenza e svolgimento di doppio lavoro, di un macellaio di un supermercato che, assente per malattia dal suo posto di lavoro, svolge le stesse mansioni in un’altra azienda; e Cass. 8 marzo 2013, n. 5809, in Dir. merc. lav., 2014, 267, con nota di IOELE, Considerazioni sulla giurisprudenza in tema di licenziamento dell’ammalato che svolge altra attività, che ha ritenuto legittimo il licenziamento di una lavoratrice con mansioni di addetta al bar all’interno di un autogrill, la quale, durante gli ultimi tre giorni di assenza giustificata da infortunio alla caviglia, ha lavorato presso un bar appartenente ad una società di cui era socia (cfr. anche Cass. 10 febbraio 2017, n. 3630; Cass. 21 settembre 2016, n. 18507; App. Milano 1 marzo 2013, n. 166, in Guida lav., 2013, n. 38, 38);
- dall’altro, lo svolgimento di attività in contrasto con lo stato di malattia o infortunio, in quanto idonea a comportare il pericolo di aggravamento dei postumi della malattia (distorsione della caviglia) in ragione dello sport praticato (calcio), integra una condotta, minando il rapporto fiduciario fra datore di lavoro e lavoratore, non consente la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 2119 c.c. (giusta causa di licenziamento, anche se il ccnl non elenchi tale ipotesi fra quelle che comportano la sanzione espulsiva (v. Cass. 9 gennaio 2015, n. 144; 22 dicembre 2006, n. 27464 e 23 marzo 2006, n. 6454);
- invece, lo stato di malattia è compatibile con l’esercizio di altre attività lavorative e non lavorative, quando non pregiudicano la guarigione o la sua tempestività (es. attività amatoriali, ludico ricreative o hobbistiche) (v. Cass. 27 febbraio 2008, n. 5106 e Trib. Rieti 13 febbraio 2014, in Guida lav., 2014, n. 38, 42).