Il datore di lavoro deve avere conoscenza della condotta negligente e tempo per le indagini
Nota a Cass. 19 maggio 2017, n. 12712
Paolo Pizzuti
Nel licenziamento per giusta causa, il principio dell’immediatezza della contestazione dell’addebito si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro. Tuttavia, ove sussista un rilevante intervallo temporale tra i fatti contestati e l’esercizio del potere disciplinare, la tempestività di tale esercizio deve essere valutata in relazione al tempo necessario al dipendente per acquisire conoscenza della riferibilità del fatto nelle sue linee essenziali; riferibilità la cui prova è a carico del datore di lavoro (cfr. Cass. n. 4724/2014; Cass. n. 7410/2010).
Si tratta di un principio consolidato in giurisprudenza e ribadito dalla Corte di Cassazione (19 maggio 2017, n. 12712; v. anche Cass. n. 23739/2008, Cass. n. 21546/2007), la quale ha puntualizzato gli aspetti principali della c.d. immediatezza o tempestività della contestazione disciplinare, rilevando che:
- il giudizio sulla immediatezza della contestazione, da valutare sempre in rapporto alla complessità dell’organizzazione aziendale ed al tempo necessario per gli accertamenti del caso, non può prescindere dal momento in cui il datore di lavoro sia venuto a conoscenza della riprovevole condotta del dipendente (cfr. anche Cass. 26 novembre 2007, n. 24584) ed il lasso temporale tra i fatti e la contestazione dell’addebito, ai fini della valutazione dell’immediatezza del provvedimento espulsivo, deve decorrere dall’avvenuta conoscenza da parte del datore di lavoro della situazione contestata e non “dall’astratta percettibilità o conoscibilità dei fatti stessi”; in particolare, “la tempestività della contestazione disciplinare va valutata non in relazione al momento in cui il datore avrebbe potuto accorgersi dell’infrazione ove avesse controllato assiduamente l’operato del dipendente, ma con riguardo all’epoca in cui ne abbia acquisito piena conoscenza” (Cass. 17 maggio 2016, n. 10069);
- il tempo da computarsi per stabilire la tempestività o meno della contestazione va calcolato in relazione al “momento di conoscenza dell’accadimento disciplinarmente rilevante da parte datoriale, e non già con riferimento al momento storico del fatto rispetto al suo verificarsi, tenuto conto inoltre di tutte le circostanze del caso concreto”. Il datore di lavoro, inoltre, deve fornire la prova del momento in cui ha avuto la piena conoscenza dei fatti da addebitare al lavoratore e non anche delle circostanze per cui non abbia potuto effettuare la contestazione a ridosso dei fatti;
- “l’obbligo di contestazione immediata non può ritenersi sussistente per il solo fatto che la notizia della condotta disciplinarmente rilevante giunga a conoscenza di parte datoriale, occorrendo altresì uno spatium deliberandi in proposito”, allo scopo di verificarne la fondatezza con il compimento anche delle necessarie indagini. Sotto tale profilo, nel licenziamento per motivi disciplinari, va inteso in senso relativo, “dovendosi tenere conto della specifica natura dell’illecito disciplinare, nonché del tempo occorrente per l’espletamento delle indagini, maggiore quanto più è complessa l’organizzazione aziendale” (Cass. 25 gennaio 2016, n. 1248);
- il requisito dell’immediatezza della contestazione è posto a tutela del lavoratore ed inteso a consentirgli un’adeguata difesa, al fine di contrastare più efficacemente il contenuto degli addebiti, e, nel caso di ritardo della contestazione, ha altresì lo scopo di tutelare il legittimo affidamento del prestatore (in relazione al carattere facoltativo dell’esercizio del potere disciplinare, nella cui esplicazione il datore di lavoro deve comportarsi in conformità ai canoni di correttezza e buona fede) sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto (cfr., ex aliis, Cass. n. 13167/2009). Ne consegue che “il ritardo nella contestazione può costituire un vizio del procedimento disciplinare solo ove sia tale da determinare un ostacolo alla difesa effettiva del lavoratore, tenendo anche conto che il prudente indugio dei datore di lavoro, ossia la ponderata e responsabile valutazione dei fatti, può e deve precedere la contestazione anche nell’interesse del prestatore di lavoro, che sarebbe palesemente colpito da incolpazioni avventate o comunque non sorrette da una sufficiente certezza da parte del datore di lavoro” (Cass. 3 maggio 2017, n. 10688; v. anche Cass. n. 1101/2007, Cass. n. 241/2006; Cass. n. 5308/2000);
- uno dei fondamenti del principio di immediatezza della contestazione disciplinare è costituito dal rispetto del concreto esercizio del diritto di difesa del lavoratore; sicché più approfondite indagini del datore di lavoro sui fatti passibili di responsabilità disciplinare non contraddicono tale esercizio, anzi lo rafforzano (cfr. Cass. n. 13482/2004).