Il trasferimento del dipendente può essere comunicato in forma orale e senza la contestuale indicazione delle ragioni per le quali è adottato

Nota a Cass. 30 maggio 2017, n. 13601

Flavia Durval

Per il trasferimento del lavoratore non è previsto alcun onere di forma.

Il principio è stato ribadito dalla Cassazione con sentenza 30 maggio 2017, n. 13601, la quale ha confermato il giudizio della Corte territoriale (App. Firenze 1w8 luglio 2014, n. 585) ritenendo “provata per presunzioni la avvenuta comunicazione al lavoratore, in forma orale, delle ragioni del trasferimento anteriormente alla sua adozione” e stabilendo che “la esigenza di portare il lavoratore a conoscenza dei motivi del trasferimento, che sta a fondamento della applicazione analogica dell’art. 2 L. n. 604/1966, neppure sussiste quando tali motivi gli siano stati comunicati dal datore di lavoro ancor prima di disporre il trasferimento ed in vista della sua adozione” ( v. anche Cass. 23 novembre 2010, n. 23675; Cass. 5 gennaio 2007, n. 43, in Dir. prat. lav., 2007, 570; Trib. Roma 21 gennaio 2014, in Lav. giur., 2014, 416).
Come noto, il provvedimento di trasferimento, pur non richiedendo la contestuale indicazione delle ragioni per le quali è adottato, atteso che l’art. 2103 c.c., nella parte in cui dispone che le ragioni tecniche, organizzative e produttive del provvedimento siano comprovate, postula che tali ragioni, ove contestate, risultino effettive e di esse il datore di lavoro fornisca la prova. Pertanto, in capo a quest’ultimo, sussiste l’onere di dimostrare in giudizio le circostanze che hanno giustificato il trasferimento ai sensi dell’art. 2103 c. c.
Sul punto, l’orientamento della giurisprudenza appare consolidato. V., fra le altre, Cass. 28 ottobre 2013, n. 24260, in Guida lav., 2013, n. 46, 26; Cass. 28 maggio 2009, n. 12516, ivi, 2009, n. 36, 50, secondo cui “ai fini dell’efficacia del provvedimento di trasferimento del lavoratore, non è necessario che vengano enunciate contestualmente le ragioni del trasferimento stesso, atteso che l’art. 2103 c.c., nella parte in cui dispone che le ragioni tecniche, organizzative e produttive del provvedimento siano comprovate, richiede soltanto che tali ragioni, ove contestate, risultino effettive e di esse il datore di lavoro fornisca la prova. Pertanto, l’onere dell’indicazione delle ragioni del trasferimento, che, in caso di mancato adempimento, determina l’inefficacia sopravvenuta del provvedimento, sorge a carico del datore di lavoro soltanto nel caso in cui il lavoratore ne faccia richiesta – dovendosi applicare per analogia la disposizione di cui all’art. 2, L. n. 604/1966, che prevede l’insorgenza di analogo onere nel caso in cui il lavoratore licenziato chieda al datore di lavoro di comunicare i motivi del licenziamento – fermo restando che il suddetto onere di comunicazione, al pari di quanto avviene in tema di licenziamento ai sensi della disposizione citata, non riguarda anche le fonti di prova dei fatti giustificativi del trasferimento”.
Non costituisce prova idonea e sufficiente a garantire la verificabilità della fondatezza del trasferimento, il mero richiamo, da parte del datore di lavoro, della prassi aziendale di avvicendamento del personale (c.d. job rotation), secondo Cass. 13 gennaio 2017, n. 807, in Guida lav., 2017, n. 11, 38.
Con specifico riguardo all’obbligo di indicare i motivi nella comunicazione del trasferimento, va però rilevato che, in seguito all’adozione della L. n. 92/2012, il quadro giuridico di riferimento, appare mutato:
• prima della L. 28 giugno 2012, n. 92 (c.d. Riforma Fornero), l’onere dell’indicazione delle ragioni del trasferimento che, in caso di mancato adempimento, determinava l’inefficacia sopravvenuta del provvedimento, sorgeva a carico del datore di lavoro soltanto nel caso in cui il lavoratore ne faceva richiesta, ritenendosi applicabile, per analogia, la disposizione di cui all’art. 2 della L. n. 604/1966, che prevedeva l’insorgenza di analogo onere nel caso in cui il lavoratore licenziato avesse chiesto al datore di lavoro di comunicare i motivi del licenziamento (Cass. 13 gennaio 2017, n. 807, cit.; Cass. 18 marzo 2015, n. 5434, in Lav. giur., 2015, 635; Cass. 9 agosto 2013, n. 19095, in Mass. giur. lav., 2014, 245; Cass. 17 maggio 2010, n. 11984; Trib. Milano 9 ottobre 2014, in Lav. giur., 2015, 421; Trib. Milano 21 marzo 2012, in Lav. giur., 2012, 730);
• la L. 28 giugno 2012, n. 92, ha modificato l’art. 2, co. 2, L. n. 604/1966, rendendo obbligatoria la comunicazione contestuale dei motivi del licenziamento, pertanto, secondo taluno, tale norma non si applica più, per analogia, all’ipotesi di trasferimento del lavoratore (Trib. Roma 4 marzo 2014, in Riv. it. dir. lav., 2014, II, 547, con nota di BOLEGO, Sull’onere di giustificazione e comunicazione dell’atto di trasferimento del lavoratore dopo la “riforma Fornero” e di LANFRANCHI, In tema di trasferimento del lavoratore: le novità interpretative sul dovere di comunicazione dei motivi).
Diversamente, Trib. Firenze 20 settembre 2016, in Guida lav., 2017, n. 14, 44, si è pronunciata per l’applicabilità, per analogia al trasferimento del lavoratore, dell’obbligo di indicare i motivi del trasferimento nella lettera ove viene comunicata la nuova assegnazione.

Trasferimento del lavoratore: forma e motivazione
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