E’ legittimo il controllo, a tutela del patrimonio aziendale, effettuato dal datore di lavoro mediante telecamere apposte da un’agenzia investigativa nei locali dell’azienda in cui erano avvenuti furti
Nota a Cass. 2 maggio 2017, n. 10636
Donatella Casamassa
I c.d. controlli difensivi, attuati dal datore di lavoro al fine di accertare il compimento di eventuali condotte illecite del lavoratore (ad es. furti), sono stati oggetto di un ampio dibattito giurisprudenziale, tuttora attuale (su cui v., più ampiamente, in questo sito, il Monotema n. 1/2016, I controlli a distanza del datore di lavoro), nella vigenza del testo di cui all’art. 4 Stat. Lav. (L. n. 300/1970), anteriore alla riscrittura disposta dall’art. 23 D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151.
In esito a tale dibattito, l’orientamento prevalente della dottrina e della giurisprudenza ha ritenuto ammissibili i controlli difensivi “occulti”, anche ad opera di personale estraneo all’organizzazione aziendale, “in quanto diretti all’accertamento di comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, ferma comunque restando la necessaria esplicazione delle attività di accertamento mediante modalità non eccessivamente invasive e rispettose delle garanzie di libertà e dignità dei dipendenti, con le quali l’interesse del datore di lavoro al controllo ed alla difesa della organizzazione produttiva aziendale deve contemperarsi, e, in ogni caso, sempre secondo i canoni generali della correttezza e buona fede contrattuale” (v. Cass. n. 10955/2015).
La Corte di Cassazione (2 maggio 2017, n. 10636), ha ribadito tale principio in relazione ad una fattispecie in cui era stata installata una telecamera nel locale magazzino di un ipermercato ove erano collocati i prodotti dolciari, poi sottratti. Ciò, sul presupposto che l’attività di controllo posta in essere dalla parte datoriale: a) non aveva avuto ad oggetto l’attività lavorativa ed il suo corretto adempimento (le operazioni relative al magazzino non rientravano, infatti, nell’ambito delle mansioni di competenza dei dipendenti, trattandosi di compiti affidati agli addetti di agenzie esterne); b) era stata attuata “con modalità non eccessivamente invasive”; c) era stata ispirata alla necessità di tutelare il patrimonio aziendale.
La Corte, pertanto, ha confermato la decisione dei giudici di merito, affermando che questi, “quale corollario di tali accertamenti, hanno… coerentemente concluso che l’attività posta in essere dalla datrice di lavoro si poneva al di fuori del campo di applicazione dell’art. 4 L. 300 del 1970”.