Nell’ipotesi di codatorialità, tutti i fruitori della prestazione sono solidalmente responsabili nei confronti del lavoratore
Nota a Corte App. Roma 22 maggio 2017, n. 2809
Maria Novella Bettini
“Qualora lo stesso dipendente presti servizio contemporaneamente a favore di diversi datori di lavoro, titolari di distinte imprese, e l’attività sia svolta in modo indifferenziato, così che in essa non possa distinguersi quale parte sia stata svolta nell’interesse di un datore e quale nell’interesse degli altri”, è configurabile l’unicità del rapporto di lavoro. Da tale unicità “consegue che tutti i fruitori dell’attività del lavoratore devono essere considerati solidalmente responsabili nei suoi confronti per le obbligazioni relative i sensi dell’art. 1294 c.c.”
Il principio è stato affermato dalla Corte di Appello di Roma (22 maggio 2017, n. 2809; v. anche Cass. n. 3249/2003 e Cass. n. 13904/2000), in relazione ad una lavoratrice che aveva svolto la propria attività lavorativa indifferentemente e contemporaneamente per diverse società e “per lo più in maniera indistinguibile”.
Secondo i giudici, nella fattispecie, è configurabile un rapporto di lavoro unico con conseguente responsabilità solidale di tutti i datori per le obbligazioni da esso derivanti, “anche se formalmente imputabili all’iniziativa di uno soltanto di loro”.
In altri termini, il rapporto di lavoro va ascritto “in capo a più soggetti giuridici formalmente distinti e, per tale ragione, coobbligati in solido nei confronti della lavoratrice (ai sensi dell’art. 1294 c.c.), atteso che è valido il principio secondo cui il vero datore di lavoro è il soggetto che effettivamente utilizza le prestazioni lavorative, anche se rese da lavoratore formalmente dipendente da altro datore”.
La decisione in commento assume particolare rilievo per la complessità ed attualità della tematica affrontata. L’emersione del fenomeno della codatorialità si inserisce, infatti, in un quadro di frammentazione e decentramento organizzativo delle imprese che si è inevitabilmente riflesso sulla “struttura” tradizionale del rapporto di lavoro. La scomposizione dell’impresa e la segmentazione del ciclo produttivo mediante una fitta rete di rapporti esternalizzati attraverso filiere di imprese collegate; le continue articolazioni e riarticolazioni aziendali attraverso fenomeni di interscambio fra core business e decentramento; e, in generale, l’integrazione e la disintegrazione del ciclo produttivo, hanno determinato una continua ridefinizione dei confini dell’impresa.
Più specificamente, la nuova organizzazione produttiva e del lavoro si è andata sempre più caratterizzando per la compresenza di più soggetti che possono, a vario titolo ed in forme diverse, interagire con l’esecuzione della prestazione di lavoro. Si pensi alla scomposizione fra titolare formale del rapporto di lavoro e destinatario sostanziale della prestazione (impresa a rete, somministrazione e distacco); ed all’utilizzo promiscuo della prestazione lavorativa da parte di più datori (gruppi d’impresa, reti d’impresa e c.d. codatorialità) [v. M.T. CARINCI, (a cura di), Dall’impresa a rete alle reti d’impresa (scelte organizzative e diritto del lavoro), Giuffré, Milano, 2015, 257 ss.].
Con il termine codatorialità, come noto, si intende “la imputazione o la imputabilità stabile perdurante del rapporto di lavoro a più soggetti, formalmente autonomi quali imprenditori che, per collegamenti societari o per integrazione contrattuale, possono essere considerati codatori e quindi rispondere congiuntamente delle obbligazioni rivenienti dal contratto di lavoro; alla tradizionale coppia binaria del rapporto (datore/lavoratore) si sostituisce la presenza dal lato del creditore di lavoro di una pluralità di soggetti (una sorta di job sharing a parti invertite e cioè master sharing)”(Così, D. GAROFALO, Lavoro, impresa e trasformazioni organizzative, Relazione tenuta durante le Giornate di studio AIDLASS, Frammentazione organizzativa e lavoro: rapporti individuali e collettivi, Cassino, 18 e 19 maggio 2017, 41).
Ciò che rileva, in particolare, è l’esistenza di un interesse organizzativo aziendale condiviso da più imprese che trascende la pluralità di contratti e la oggettività giuridica delle singole imprese (O. MAZZOTTA, Gruppi d’imprese, codatorialità e subordinazione, in Riv. giur. lav., 2013, I, 19 ss. Sul tema della codatorialità, v. anche, V. MAIO, Contratto di rete e rapporto di lavoro: responsabilità disgiunta, derogabilità dello statuto protettivo e frode alla legge, in Arg. dir. lav., 2016, I, 780 ss.; V. SPEZIALE, Gruppi d’imprese e codatorialità, introduzione a un dibattito, in Riv. giur. lav., 2013, I, 3 ss.).
[Sul licenziamento nelle ipotesi di codatorialità, v. Cass. 8 settembre 2016, n. 17775, in Arg. dir. lav., 2016, 1199, secondo cui l’art. 1, co. 47, L. 28 giugno 2012, n. 92 (c.d. Riforma Fornero), “deve essere interpretato nel senso che trova applicazione tutte le volte che si invochi l’art. 18 l. n. 300 del 1970, anche qualora si chieda l’accertamento di una imputazione del rapporto differente da quella formale, come nel caso in cui si deduca la codatorialità“; e App. Cagliari 19 febbraio 2015, ivi, 1201, per cui “Il fenomeno della codatorialità, che si riscontra quando più soggetti utilizzano le prestazioni di lavoro del medesimo dipendente, implica che la prova della sussistenza del giustificato motivo oggettivo debba essere data con riferimento a tutti i datori di lavoro”. Entrambe, con nota di A. DE GIUDICI, Codatorialità e licenziamento: riflessioni a margine di alcune recenti sentenze, ivi, 1204.].
Anche se l’ordinamento riconosce specifici casi di dissociazione lecita del rapporto di lavoro, nei casi di somministrazione e di distacco, in applicazione del principio di effettività, che informa i rapporti di lavoro, il datore di lavoro coincide con il soggetto che fruisce delle prestazioni e che esercita i connessi poteri, come accade nella codatorialità eventualmente sviluppata attraverso:
- un gruppo di imprese. In tal caso, si può parlare di codatorialità quando più imprese operano, almeno di fatto, come un “gruppo” per il raggiungimento di interessi, coordinati e prevalenti, che trascendono quelli delle singole società ad esso partecipanti, utilizzando in maniera promiscua il lavoratore. Come noto, per giurisprudenza consolidata (v. Cass. 7 giugno 2017, n. 14175), si configura un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro quando le imprese in collegamento economico – funzionale siano caratterizzate dai seguenti requisiti: “a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico e amministrativo – finanziario, tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori”;
- e assunzioni congiunte facenti capo a reti d’impresa. Relativamente a tali assunzioni, ammesse per le “imprese legate da un contratto di rete, quando almeno il 40 per cento di esse sono imprese agricole” (art. 30, co. 3 ter, D.Lgs. n. 276/2003, comma aggiunto dall’art. 9, co. 11, D.L. 28 giugno 2013, n. 76, conv. con mod. in L. 9 agosto 2013, n. 99 e poi mod. dall’art. 18, co. 1, L. 28 luglio 2016, n. 154), “i datori di lavoro rispondono in solido delle obbligazioni contrattuali, previdenziali e di legge” (art. 30, co. 3 quinquies, comma aggiunto dall’art. 9, co. 11, D.L. 28 giugno 2013, n. 76, conv. con mod. in L. 9 agosto 2013, n. 99).
Con riferimento poi al distacco di lavoratori fra imprese che abbiano sottoscritto un contratto di rete (ai sensi del D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, conv. con mod., dalla L. 9 aprile 2009, n. 33), “l’interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell’operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilità dei lavoratori previste dall’articolo 2103 del codice civile. Inoltre per le stesse imprese è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso” (art. 31, co.4 ter, D.Lgs. n. 276/2003).