Il licenziamento dell’invalido a seguito dell’aggravamento della sua disabilità è ammesso solo su parere favorevole della commissione medica. Tale parere non può essere surrogato dal giudizio di inidoneità alla mansione espresso dal medico competente nell’ambito della sorveglianza sanitaria esercitata ai sensi del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81
Nota a Cass. 28 aprile 2017, n. 10576
Kevin Puntillo
Il licenziamento dell’invalido (assunto in base alla normativa sul collocamento obbligatorio), determinato dall’aggravamento della sua infermità, è legittimo – ai sensi dell’art. 10, co. 3, L. n. 68/1999 – solo in presenza della perdita totale della capacità lavorativa, ovvero di una situazione di pericolo per la salute e l’incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti.
L’accertamento di tale circostanza compete all’apposita commissione medica prevista dalla citata disposizione, alla quale spetta, altresì, la verifica dell’impossibilità di reinserire, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro, il disabile all’interno dell’azienda. Non è invece sufficiente il giudizio di inidoneità espresso dal medico competente ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008.
Ad affermare tale principio è la Cassazione, con sentenza 28 aprile 2017, n. 10576, la quale, in riforma dei primi due gradi di giudizio, ha accolto il ricorso proposto da un lavoratore invalido civile che, a seguito di aggravamento delle sue condizioni di salute, era stato licenziato sulla base dell’accertamento del solo medico competente, che ne dichiarava l’inidoneità alla mansione specifica.
Le Corti territoriali avevano dichiarato legittimo il recesso, ritenendo irrilevante che il giudizio sull’inidoneità del prestatore provenisse dal medico competente anziché dall’apposita commissione medica, giacché era stato proprio il lavoratore a richiedere l’intervento del medico.
Secondo la Cassazione, di converso, il datore di lavoro può procedere al licenziamento di un disabile per motivi legati all’organizzazione del lavoro per aggravamento delle condizioni del lavoratore stesso, solo a seguito di specifico giudizio della speciale commissione medica integrata prevista dall’art. 10, co. 3, L. n. 68/1999.
Spetta a quest’ultima accertare le condizioni di salute del disabile assunto obbligatoriamente per verificare se, a causa delle minorazioni o del loro aggravamento, egli possa continuare ad essere utilizzato presso l’azienda. In caso di accertata incompatibilità, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che persista l’incompatibilità. Soltanto nel caso in cui la commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro, il rapporto di lavoro può essere risolto (v., fra le tante, Cass., 10 aprile 2014, n. 8450).
Tale procedura, prevista e vincolata dalla legge, non può essere surrogata dal giudizio di inidoneità alla mansione espresso dal medico competente nell’ambito della sorveglianza sanitaria esercitata ex D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Ciò, per la dirimente ragione che la disciplina contenuta nell’art. 10, co. 3, L. n. 68/1999 ha carattere di specialità rispetto alla normativa generale “in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” prevista dal D.Lgs. n. 81/2008 per tutti i lavoratori.
Qualora sussistano, invece, eventuali problemi di coordinamento tra le due discipline, essi vanno risolti in via interpretativa, come già affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 354/1997. In questa occasione, la Corte ha ritenuto che, nella parte in cui dette discipline sembrano sovrapporsi, le stesse possono coesistere, nel senso che dopo l’eventuale valutazione di inidoneità da parte del medico competente per la sorveglianza sanitaria, si può demandare l’accertamento sanitario al collegio medico sulle assunzioni obbligatorie “in considerazione del carattere speciale di detta normativa”, poiché solo la commissione medica può stabilire se le condizioni di salute del lavoratore siano tali da determinare un’incompatibilità con la prosecuzione dell’attività lavorativa e se vi sia assoluta impossibilità di un suo reinserimento.