L’assistenza a un familiare disabile non è una motivazione sufficiente per evitare il trasferimento se il posto di lavoro viene soppresso per ragioni organizzative
Nota a Cass. 19 maggio 2017, n. 12729
Kevin Puntillo
La chiusura, per comprovate ragioni organizzative, del servizio di radiologia presso un presidio sanitario con conseguente trasferimento del tecnico addetto è legittima, anche quando il lavoratore assiste un familiare con handicap.
Il principio è stato affermato dalla Cassazione (19 maggio 2017, n. 12729), la quale, confermando il giudizio di merito, ha ritenuto non pertinente né “il disagio che lo spostamento comportava per la situazione personale e familiare del lavoratore”, né la mortificazione delle sue competenze poiché il posto di capo tecnico di radiologia era stato soppresso e per tale professionalità l’unico posto vacante era quello della struttura in cui la lavoratrice era stata trasferita. Sussistevano, quindi, esigenze aziendali effettive e urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte.
La Corte ha altresì ribadito il proprio orientamento (v. Cass. n. 25379/2012) in merito al precetto contenuto nell’art. 33, co. 5, L. n. 104 del 1992, laddove vieta di trasferire, senza consenso, il lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente. Secondo i giudici, tale disposizione deve essere interpretata in termini costituzionalmente orientati e cioè in funzione della tutela della persona disabile. Pertanto, “il trasferimento del lavoratore è vietato anche quando la disabilità del familiare, che egli assiste, non si configuri come grave, a meno che il datore di lavoro, a fronte della natura e del grado di infermità psico-fisica di quello, provi la sussistenza di esigenze aziendali effettive e urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte”.
L’art. 33, co. 3 bis, L. n. 104/1992, attribuisce al lavoratore dipendente (sia pubblico che privato) che assiste un familiare (“coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”) con handicap in situazione di gravità (ma non ricoverato a tempo pieno), l’ulteriore “diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa”.