Il lavoratore inidoneo alla mansione va adibito ad altri compiti adeguati al suo stato di salute e, qualora tale assegnazione non sia possibile, l’onere della prova grava sul datore di lavoro
Nota a Cass. 26 luglio 2017, n. 18506
Francesco Belmonte
Il lavoratore che risulti parzialmente inidoneo a svolgere la propria prestazione deve essere adibito ad altre mansioni idonee e l’onere di dimostrare l’impossibilità di affidare al lavoratore compiti compatibili con il suo stato di salute in ragione dell’inesistenza di altri incarichi adeguati grava sul datore di lavoro.
L’affermazione è della Corte di Cassazione, (26 luglio 2017, n. 18506), secondo cui non è invece onere del dipendente provare quali sono le posizioni che potrebbe ricoprire, potendo queste risultare estranee alla sua sfera di conoscibilità (nel senso che tale onere non grava sul lavoratore, v. Cass. 11 ottobre 2016, n. 20436, formatasi in tema di ripartizione degli oneri di allegazione e prova della impossibilità di repêchage nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo).
Va però rilevato che tale posizione si pone in contrasto con il consolidato indirizzo della Corte di Cassazione stessa, per la quale, a carico del dipendente che ricorra dinanzi al giudice, vi è l’onere di allegare l’esistenza di altri posti di lavoro per la sua utile ricollocazione, in virtù di un obbligo di collaborazione nell’accertamento della sussistenza di un possibile repêchage, cioè di una sorta di cooperazione processuale (da ultimo, v. Cass. 10 maggio 2016, n. 9467, in Guida lav., 2016, n. 25, 18, con nota di G. BULGARINI D’ELCI; Cass. 6 ottobre 2015, n. 19923 e Cass. 3 marzo 2014, n. 4920).
La vicenda in esame riguarda una controversia promossa da un dipendente per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti al mancato utilizzo della sua prestazione lavorativa. Nello specifico, il lavoratore, in seguito a visita medica che lo aveva dichiarato inidoneo a svolgere l’attività fino ad allora affidategli, era stato collocato in aspettativa retribuita senza ricevere alcun incarico (per un periodo di circa 9 mesi). Secondo i giudici di merito, però, in base al giudizio medico formulato nei confronti del dipendente, non veniva esclusa la possibilità di svolgere qualsiasi mansione, vietandosi soltanto di movimentare carichi o sovraccarichi degli arti superiori. Per la Cassazione, in questo caso, spetta al lavoratore, ingiustamente privato di qualsiasi mansione, dimostrare l’eventuale danno esistenziale subìto, che non può essere liquidato in via presuntiva, ma presuppone una prova concreta circa il complessivo peggioramento della sua qualità di vita sul piano delle relazioni umane e del contesto familiare.