Possono ricorrere ex art. 28 Stat. Lav. gli organismi locali delle associazioni sindacali “nazionali”. Ai lavoratori è sempre consentito versare i contributi sindacali tramite trattenuta operata dall’azienda
Nota a Cass. 2 agosto 2017, n. 19272
Maria Novella Bettini
In relazione all’individuazione degli organismi sindacali legittimati ad agire per la repressione della condotta antisindacale (ex art. 28 Stat. Lav.) ed alle regole in materia di riscossione delle quote associative sindacali a mezzo di trattenuta operata dal datore di lavoro, la Corte di Cassazione (2 agosto 2017, n. 19272) ha affrontato una serie di questioni di rilievo, ripercorrendo le proprie precedenti decisioni e chiarendo taluni aspetti fondamentali, che è opportuno sinteticamente richiamare.
A) Organismi legittimati ex art. 28 Stat. Lav.
Secondo l’orientamento consolidato della Cassazione (v., tra le altre, Cass. n. 12855/2014 e Cass. n. 21941/2012), ai fini della legittimazione a promuovere l’azione di repressione del comportamento antisindacale di cui all’art. 28 Stat. Lav., per “associazioni sindacali nazionali” devono intendersi le associazioni caratterizzate da una “struttura organizzativa articolata a livello nazionale e che svolgano attività sindacale su tutto o su ampia parte del territorio nazionale, mentre non è necessaria la sottoscrizione di contratti collettivi nazionali” (v. anche Cass. n. 6206/2012; Cass. n. 16787/2011); sottoscrizione che resta, comunque, un indice tipico – ma non l’unico – rilevante ai fini della individuazione del requisito della “nazionalità”.
Con specifico riguardo al requisito della nazionalità, lo stesso è stato oggetto di numerose pronunce della Cassazione, la quale ha precisato che esso non deve necessariamente coincidere con la stipula di contratti collettivi di livello nazionale (pur osservando che il suddetto requisito “non può desumersi da dati meramente formali e da una dimensione statica, puramente organizzativa e strutturale, dell’associazione, essendo necessaria anche un’azione diffusa a livello nazionale”- cfr., fra tante, Cass. n. 16637/14 e Cass. n. 29257/08; nonché per la legittimazione ex art. 28 dello SLAI COBAS, Cass. n. 21931/14, Cass. n. 6206/12; e Cass. n. 16787/11).
Ciò che rileva, infatti, è la “diffusione del sindacato sul territorio nazionale, a tal fine essendo necessario e sufficiente lo svolgimento di un’effettiva azione sindacale non su tutto, ma su gran parte del territorio nazionale, senza che in proposito sia indispensabile cha l’associazione faccia parte di una confederazione né che sia maggiormente rappresentativa (così, Cass. S.U. 21 dicembre 2005, n. 28269). Le S.U. hanno ribadito che, in presenza di tale requisito, devono intendersi legittimate anche le associazioni sindacali intercategoriali per le quali, peraltro, i limiti minimi di presenza sul territorio nazionale devono ritenersi più elevati di quelli di una associazione di categoria”.
Non bisogna, peraltro, confondere (in ragione della sentenza n. 231/2013 della Corte Costituzionale), la questione della legittimazione ai fini dell’art. 28 Stat. Lav., con i requisiti richiesti dall’art. 19 della stessa legge per la costituzione di rappresentanze sindacali titolari dei diritti di cui al titolo terzo. L’art. 19, infatti, richiede, a questo specifico fine, la sigla di contratti collettivi nazionali (o anche provinciali o aziendali, purché applicati in azienda); mentre l’art. 28 non prevede un analogo requisito, implicante il consenso della controparte datoriale, ma postula esclusivamente che l’associazione sia nazionale (v. Cass. n. 16787/2011; Cass. n. 5209/2010).
Come rilevato dalla Cass. n. 2375/15, l’art. 28 Stat. Lav. riconosce la legittimazione ad agire per la repressione della condotta antisindacale non già a tutte le associazioni sindacali, ma solo agli “organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse”.
Con tale disposizione (secondo la giurisprudenza di legittimità – v., fra le altre, Cass. n. 1307/06 -) il legislatore ha disciplinato in modo differenziato, le associazioni sindacali che hanno accesso “anche a questo strumento processuale di tutela rafforzata dell’attività sindacale e altre associazioni sindacali che hanno accesso solo alla tutela ordinaria attivabile ex art. 414 c.p.c. e segg.”
Tale scelta è stata ritenuta legittima dalla Corte Cost. (n. 89/95), la quale ha osservato che: 1) “il procedimento di repressione della condotta antisindacale si aggiunge alle tutele già assicurate alle associazioni sindacali e rappresenta un mezzo ulteriore per garantire in modo particolarmente rapido ed efficace i diritti del sindacato; 2) “l’opzione di un livello rappresentativo nazionale, oltre a corrispondere al ruolo tradizionalmente svolto dal movimento sindacale italiano, si uniforma al principio solidaristico nel quale va inserito anche l’art. 39 Cost. Gli interessi che la procedura dell’art. 28 cit. intende proteggere, quindi, trascendono sia quelli soggettivi dei singoli lavoratori sia quelli localistici e coincidono con quelli di un’associazione sindacale che si proponga di operare e operi a livello nazionale per tutelare gli interessi di una o più categorie di lavoratori” (sul punto, v. anche Cass. n. 5209/10).
Dottrina e giurisprudenza hanno poi precisato, (v. Cass. n. 5209/10 e Cass. n. 13240/09), che non vanno confusi i requisiti di cui all’art. 19 Stat. Lav. per la costituzione delle r.s.a. con la legittimazione prevista ai fini dell’art. 28 della medesima legge. Infatti, mentre l’art. 19 “richiede la sottoscrizione di contratti collettivi nazionali (o anche provinciali o aziendali, purché applicati in azienda), oppure, a seguito dell’intervento additivo della Corte Costituzionale con sentenza n. 231/13, la partecipazione del sindacato alla negoziazione relativa agli stessi contratti, l’art. 28 richiede, invece, solo che l’associazione sia nazionale”.
B) Contributi sindacali.
Quanto alla riscossione delle quote associative, i giudici hanno rilevato che dall’abrogazione referendaria della L. n. 300 del 1970, art. 26, co. 2, non è scaturito un divieto di riscossione delle quote associative sindacali a mezzo di trattenuta operata dal datore di lavoro, ma è solo venuto meno il relativo obbligo legale.
“Sicché i lavoratori, nell’esercizio dell’autonomia privata e mediante la cessione del credito in favore del sindacato, possono chiedere al datore di lavoro di trattenere sulla retribuzione i contributi da accreditare al sindacato cui aderiscono, da configurarsi quale cessione del credito ex art. 1260 c.c., non necessitante del consenso del debitore”.
Inoltre, qualora il datore di lavoro affermi l’insostenibilità dell’onere aggiuntivo a suo carico (in concreto per effetto di tale cessione in rapporto all’organizzazione aziendale), egli ha l’onere di provare, ai sensi dell’art. 1218 c.c., che “la gravosità della prestazione sia tale da giustificare il suo inadempimento: dovendosi escludere che l’insostenibilità dell’onere possa risultare semplicemente dall’elevato numero di dipendenti dell’azienda, ma piuttosto da una valutazione di proporzionalità tra la gravosità dell’onere e l’entità dell’organizzazione aziendale, tenuto conto che un’impresa con un elevato numero di dipendenti ha di norma una struttura amministrativa corrispondente alla sua dimensione” (Cass. 2 agosto 2012, n. 13886; Cass. 11 luglio 2008, n. 19275; e Cass. S.U. 21 dicembre 2005, n. 28269).
Nella fattispecie, il Tribunale di Lanciano (sentenza n. 220/09) aveva ritenuto antisindacale il comportamento del datore di lavoro che non aveva accreditato le quote associative alla sigla sindacale SLAI COBAS che presentava ricorso (rigettato dalla sentenza della Cassazione in commento) per condotta antisindacale ex art. 28 Stat. Lav. L’azienda, per contro, riteneva: a) che l’organizzazione sindacale dello SLAI COBAS era carente di legittimazione ad agire, non essendo un sindacato nazionale, giusta l’orientamento di legittimità (Cass. n. 6429/06, n.1307/06, n. 212/08), secondo cui per il riconoscimento del carattere azionale dell’associazione sindacale, assume rilievo più che la diffusione dell’articolazione territoriale delle strutture dell’associazione, la capacità di contrattare con la parte datoriale accordi o contratti collettivi, che trovino applicazione su tutto il territorio nazionale, circostanza di cui il sindacato non aveva fornito prova; b) poiché la materia dei contributi sindacali non era più soggetta a disposizioni di legge, a seguito dell’abrogazione del 2° e 3° comma dell’art. 26 dello Statuto dei Lavoratori, non si rinveniva nell’ordinamento nessun’altra norma che consentisse la cessione.