Nel licenziamento disciplinare la gravità dell’inadempimento deve essere valutata secondo il parametro dell’inadempimento grave o notevole degli obblighi contrattuali, non secondo la tenuità del danno

Nota a Cass. 24 luglio 2017, n. 18184

 

Annarita Lardaro

 

Il comportamento negligente del lavoratore deve essere giudicato non rispetto alla tenuità del danno patrimoniale provocato, bensì rispetto alla potenzialità lesiva del vincolo fiduciario che può derivare da quella condotta; la violazione reiterata del regolamento aziendale, alla luce della delicatezza delle mansioni svolte dal lavoratore, è tale da far venir meno la fiducia tra le parti, rendendo, pertanto, giustificata la sanzione espulsiva intimata dal datore di lavoro.

E’ quanto ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 18184 del 24 luglio 2017, in linea con l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.
Nel caso sottoposto all’attenzione dei giudici, una cassiera di un supermercato aveva indebitamente accreditato sulla propria carta punti l’importo della spesa fatta dai clienti, accumulando così la somma di 50 euro spendibili sotto forma di sconti nel circuito fidelity card; alla luce di tale condotta, alla lavoratrice, dopo la contestazione degli addebiti, era stato comminato il licenziamento disciplinare.
Secondo il ragionamento della Suprema Corte, la sanzione espulsiva è proporzionale alla lesione del vincolo fiduciario che, nel caso delle mansioni di cassiera, risulta particolarmente intenso; la condotta della lavoratrice, inoltre, è stata tale da configurare una reiterata, consapevole e volontaria trasgressione del regolamento aziendale, che prevede la punibilità della infrazione commessa con il licenziamento. Proseguono i giudici che: “tale giudizio è esente dalle critiche mosse giacché la tenuità del danno e la mancanza di precedenti disciplinari non sono circostanze in sé decisive, dovendo piuttosto verificarsi se l’inadempimento, complessivamente valutato, sia idoneo ad incidere sulla prognosi di futura correttezza dell’adempimento dell’obbligazione lavorativa”.
La Cassazione, pertanto, non ha ritenuto meritevole di accoglimento l’argomento utilizzato dalla difesa della lavoratrice secondo il quale l’inadempimento del lavoratore avrebbe dovuto essere valutato in base al parametro della “non-scarsa importanza” di cui all’art. 1455 c.c., il quale testé recita: “il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”.
Al riguardo, la Corte ha confermato quanto già ribadito in diverse pronunce (ex plurimis: Cass.  25 maggio 2016, n. 10842; Cass. 16 ottobre 2015, n. 21017; Cass. 25 giugno 2015, n. 13162; Cass. 26 ottobre 2010, n. 21912; Cass. 22 marzo 2010, n. 6848), rilevando “che nel licenziamento disciplinare la gravità dell’inadempimento deve essere valutata secondo il parametro più rigoroso dell’inadempimento notevole degli obblighi contrattuali (L. n. 604 del 1966, art. 3) ovvero tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto (art. 2119 c.c.), in senso accentuativo rispetto alla regola generale della “non scarsa importanza” dettata dall’art. 1455 c.c.”.

Cassiera che accredita sul proprio conto i punti spesa e licenziamento per lesione del vincolo fiduciario
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