L’accesso illecito alle postazioni informatiche di colleghi con ottenimento di informazioni relative allo stato giuridico ed economico di altri dipendenti giustifica il controllo difensivo del datore di lavoro e rende leciti sia l’attività di intercettazione telematica, sequestro e perquisizione informatica che il licenziamento in tronco del dipendente.
Nota a Cass. 25 ottobre 2017, n. 25381
Fulvia Rossi – Commercialista in Albinia (GR)
Va ritenuta dolosa ed idonea a rompere il rapporto fiduciario tra le parti, ossia l’affidamento da parte del datore di lavoro sulla serietà ed affidabilità del preposto ai servizi informativi, la condotta del lavoratore che acquisisca abusivamente dati informatici di colleghi di lavoro. Ne consegue la legittimità del licenziamento del prestatore per giusta causa, ossia senza preavviso.
È questa l’affermazione della Cassazione (25 ottobre 2017, n. 25381) relativa all’accesso informatico illecito, con conseguente furto di dati, fenomeno, oggi, sempre più frequente ed oggetto di contenzioso.
Nella fattispecie, gli indebiti accessi erano stati effettuati da un lavoratore, con qualifica di exchange administrator, autorizzato soltanto alla gestione della rete e non all’accesso ai dati; egli “poteva operare sulla posta elettronica degli utenti ma soltanto sotto il mero profilo della gestione e configurazione della stessa”; non aveva dunque alcuna autorizzazione implicita o esplicita all’accesso ed al prelievo dei dati esistenti nella rete senza un’autorizzazione ad hoc.
La condotta addebitata al lavoratore non si è basata sull’ indebita divulgazione di notizie riservate, bensì su due accessi abusivi, né richiesti né autorizzati, sul pc di una collega; nonché sull’altrettanto “abusiva acquisizione dal detto pc di documenti aziendali riservati e protetti da misure di sicurezza contenenti dati personali relativi allo stato giuridico ed economico di altri dipendenti”.