L’infortunio di un medico che abbia utilizzato l’auto per compiere il percorso di breve distanza verso l’ospedale non dà diritto alle provvidenze nei confronti dell’Inail.

 Nota a Cass. 12 settembre 2017, n. 21122

 Paolo Pizzuti

L’utilizzo dell’auto da parte di una lavoratrice medico, per raggiungere il luogo di lavoro presso l’Ospedale, ove la medesima presti la sua attività come responsabile del servizio di nefrologia e trapianti, non può essere considerato necessario e, quindi, non consente di qualificare l’infortunio subìto dal medico durante il tragitto come infortunio in itinere. Ciò:

a) stante la breve distanza dall’Ospedale dell’abitazione del medico (circa 500/700 metri, che “avrebbero potuto essere percorsi a piedi più facilmente invece che in auto, stante la presenza di sensi unici e di traffico”);

b) a prescindere dal fatto che il medico era stato chiamato in Ospedale per un’urgenza, poiché percorrendo a piedi tale breve distanza “avrebbe maggiormente garantito la sua presenza”.

È quanto affermato dalla Corte d’appello di Cagliari (in riforma della sentenza del Tribunale di Sassari) e confermato dalla Cassazione (12 settembre 2017, n. 21122)

I giudici:

  • hanno altresì considerato priva di rilievo la circostanza che l’Azienda avesse autorizzato la lavoratrice all’uso del mezzo proprio e del posteggio all’interno dell’Ospedale, trattandosi di “scelte del datore di lavoro che non potevano ricadere sull’ Inail” (la ricorrente sosteneva che il giorno dell’infortunio, essendo stata chiamata per un’urgenza, si era avvalsa dell’autorizzazione rilasciata dall’Azienda Ospedaliera all’utilizzo del mezzo proprio ed al parcheggio all’interno dell’Ospedale in caso del verificarsi di urgenze e, pertanto, l’auto era stata scelta non per suoi particolari motivi o esigenze personali, ma per raggiungere il posto di lavoro nel più breve tempo possibile);
  • ed hanno dedotto che l’uso della vettura era frutto di una scelta del medico, il quale “non aveva allegato che quel giorno, a differenza degli altri, vi fossero circostanze che giustificavano l’utilizzo dell’auto”.

A tale ultimo elemento, i giudici hanno dato particolare rilievo, evidenziando la necessità di un’opportuna allegazione della circostanza fin dal primo grado di giudizio, in quanto la ricorrente non aveva allegato né in Tribunale, né nella memoria di costituzione, che quel giorno fosse diverso dagli altri per una sua condizione fisica (derivante da un precedente infortunio, dal quale erano residuati dolori) che avrebbe consigliato l’uso dell’auto privata.

Come noto, l’assicurazione obbligatoria Inail tutela i lavoratori nel caso di infortuni c.d. in itinere, cioè avvenuti per una causa violenta che inerisce comunque all’attività di servizio o è almeno occasionata dall’esercizio di un’attività di lavoro (D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 12). È cioè indennizzabile l’infortunio occorso durante il normale tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione ed il luogo di lavoro, nonché durante il normale percorso che il lavoratore deve fare per recarsi da un luogo di lavoro ad un altro (nel caso di rapporti di lavoro plurimi), oppure durante il tragitto abituale per la consumazione dei pasti, se non esiste una mensa aziendale, ovvero durante la deviazione del tragitto casa-lavoro dovuta all’accompagnamento dei figli a scuola.

Le diverse modalità di spostamento (mezzi pubblici, a piedi, ecc.) sono ricomprese nella tutela purché siano verificati tre fattori: finalità lavorative, compatibilità degli orari e normalità del tragitto. Relativamente a quest’ultimo aspetto, va rilevato che le eventuali interruzioni e deviazioni del normale percorso non rientrano nella copertura assicurativa ad eccezione di alcuni casi particolari, ossia se vi siano condizioni di necessità (ad es. forza maggiore) o se siano state concordate con il datore di lavoro.

Al contrario, il tragitto effettuato con l’utilizzo di un mezzo privato, compresa la bicicletta in particolari condizioni, è coperto dall’assicurazione solo se tale uso è necessitato.

In particolare, l’uso dell’auto o della moto viene considerato “necessario” solo in alcune situazioni come, ad es., quando il luogo di lavoro è irraggiungibile con i mezzi pubblici oppure è raggiungibile ma non in tempo utile rispetto al turno di lavoro, ovvero il mezzo sia fornito o prescritto dal datore di lavoro per esigenze lavorative.

In sintesi, il “normale percorso” casa-lavoro (e viceversa) è considerato quello “più breve e diretto”, per cui gli incidenti verificatisi nel corso di deviazioni o in differenti tragitti non vengono risarciti. Il risarcimento, inoltre, scatta anche se il lavoratore ha utilizzato la propria auto privata, a condizione che tale scelta sia necessitata, perché, ad es., mancano i mezzi pubblici (v. Cass. S.U. 7 settembre 2015, n. 17685).

Medico e infortunio in itinere: indennizzabilità e prove (Cass. n. 21122/2017)
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