Nel nostro ordinamento non vige un principio di onnicomprensività della retribuzione, sicché occorre stabilire in base alla fonte legale o al contratto collettivo quale voce sia compresa nella retribuzione globale di fatto ed in quella “normale”.
Nota a Cass. 30 ottobre 2017, n. 25760
Silvia Rossi – Commercialista in Albinia (GR)
Come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione (v., per tutte, Cass. S.U. 3 aprile 1989, n. 1608), per determinare la retribuzione dovuta al prestatore di lavoro in relazione agli istituti cc.dd. indiretti non è invocabile, nel nostro ordinamento, un principio di omnicomprensività, ma occorre avere riguardo alla disciplina dei singoli istituti, di fonte legale o contrattuale. Così si è espressa Cass 30 ottobre 2017, n. 25760 (v. anche Cass. 15 gennaio 2013, n. 813 e 25 gennaio 2012, n. 79873).
La decisione muove dal ricorso al Tribunale di Milano (24 settembre 2007) di un lavoratore che chiedeva fosse accertato il proprio diritto alla inclusione del compenso per il lavoro straordinario prestato con abitualità nel periodo da gennaio 2002 a giugno 2006 nella base di calcolo della retribuzione per ferie, festività, riduzioni orarie, tredicesima mensilità e la condanna del datore di lavoro al pagamento delle differenze di retribuzione consequenziali.
La Corte, al riguardo, ha osservato che i giudici di merito hanno correttamente interpretato le previsioni del contratto collettivo in materia di compenso per ferie, per tredicesima mensilità e per riduzioni orarie.
In particolare, nel ccnl delle aziende metalmeccaniche private e della installazione di impianti (1999 e 2003 – art.14) la nozione di «retribuzione globale di fatto» “deve intendersi come comprensiva di tutte le voci di retribuzione corrisposte con continuità e sistematicità al lavoratore nell’arco temporale rilevante ai fini della maturazione della retribuzione indiretta (nella specie l’anno in cui maturano le ferie e la gratifica natalizia) sì da divenire parte della retribuzione normalmente liquidata. L’aggettivo «globale» comprende infatti quanto complessivamente ricevuto dal lavoratore in corrispettivo della sua attività di lavoro; il riferimento al «fatto» ovvero allo svolgimento in concreto del rapporto di lavoro esclude, poi, la rilevanza della previsione astratta di eccezionalità del compenso per lavoro straordinario contenuta nella disciplina del contratto collettivo”.
Rientrano in tale accezione il compenso per ferie e tredicesima mensilità ed i permessi, mentre restano escluse solo le prestazioni a carattere accidentale.
Per quanto concerne, invece, le festività, l’art. 5, L. 27 maggio 1949, n. 260, recita: « Nelle ricorrenze della festa nazionale (2 giugno), dell’anniversario della liberazione (25 aprile), della festa del lavoro (1 maggio) e nel giorno dell’unità nazionale (4 novembre), lo Stato, gli Enti pubblici ed i privati datori di lavoro sono tenuti a corrispondere ai lavoratori da essi dipendenti, i quali siano retribuiti non in misura fissa, ma in relazione alle ore di lavoro da essi compiute, la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio. La normale retribuzione sopra indicata sarà determinata ragguagliandola a quella corrispondente ad un sesto dell’orario settimanale contrattuale o, in mancanza, a quello di legge…». Come si vede, in questo caso, «la normale retribuzione» corrisponde a quella relativa ad un sesto dell’orario settimanale (di contratto o di legge). E da tale nozione resta “escluso il compenso per lavoro straordinario anche se corrisposto in modo fisso e continuativo”. Nel senso che l’art. 5 della legge n. 260/ 1949, benché adotti un criterio di retribuzione globale, non consente, dato il riferimento alla normalità della retribuzione, “la computabilità di compensi straordinari o per loro natura o per patto espresso, come il compenso per lavoro straordinario, ancorché continuativo”, Cass., 14 dicembre 2016, n. 25761; 25 luglio 1995, n. 8102 e 29 ottobre 1990, n. 10448).