La riorganizzazione aziendale attuata per aumentare i profitti e l’efficienza produttiva giustifica la soppressione del posto
Nota a App. Roma 20 dicembre 2017
Maria Novella Bettini
Per la sussistenza di un giustificato motivo oggettivo di licenziamento è sufficiente una riorganizzazione aziendale “benché meramente finalizzata all’incremento dei profitti o al raggiungimento di una maggiore efficienza produttiva”.
Lo ha affermato la Corte d’appello di Roma (20 dicembre 2017) relativamente al caso di una lavoratrice licenziata da un’azienda operante nel campo delle assicurazioni.
Nella fattispecie, la società (difesa dallo studio Pizzuti) in relazione al licenziamento per giustificato motivo ha dimostrato di aver: approvato un bilancio in perdita; ridotto i canoni di locazione, mediante il trasferimento in una sede meno costosa; diminuito i costi di gestione, anche abolendo i superminimi; in parte soppresso ed in parte ridistribuito le mansioni della dipendente licenziata (specialista della formazione e della selezione del personale) (non potendo, dunque, ricorrere al c.d. repêchage).
I giudici della Corte d’appello si sono conformati all’orientamento ormai prevalente della Corte di Cassazione, secondo cui: a) nella nozione di giustificato motivo oggettivo sono riconducibili “anche le ipotesi di riassetti organizzativi attuati per la più economica gestione dell’azienda”,… non pretestuosi e strumentali, ma volti a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti che influiscano decisamente sulla normale attività produttiva, imponendo un’effettiva necessità di riduzione dei costi” (v. Cass. 7 aprile 2010, n. 8237); b) nel licenziamento economico grava sul datore di lavoro l’onere di provare, “con riferimento alla capacità professionale del lavoratore e all’organizzazione aziendale esistente all’epoca del licenziamento, anche attraverso fatti positivi, tali da determinare presunzioni semplici (come il fatto che dopo il licenziamento e per un congruo periodo non vi siano state nuove assunzioni nella stessa qualifica del lavoratore licenziato), l’impossibilità di adibire utilmente il lavoratore alle mansioni diverse da quelle che prima svolgeva, giustificandosi il recesso solo come estrema ratio” (Cass. 26 marzo 2010, n. 7381).
Con riguardo alla redistribuzione dei compiti svolti dal prestatore licenziato, la Cassazione ha affermato che “ai fini della legittimità del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, l’andamento economico negativo dell’azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all’attività produttiva ed all’organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa” (Cass. 6 dicembre 2017, n. 29238 e Cass. n. 25201/2016).
In particolare, “il giustificato motivo oggettivo di licenziamento, ex art. 3 della L. n. 604 del 1966, è ravvisabile anche soltanto in una diversa ripartizione di determinate mansioni fra il personale in servizio, attuata a fini di una più economica ed efficiente gestione aziendale, nel senso che certe mansioni possono essere suddivise fra più lavoratori, ognuno dei quali se le vedrà aggiungere a quelle già espletate, con il risultato finale di far emergere come in esubero la posizione lavorativa di quel dipendente che vi era addetto in modo esclusivo o prevalente. In tale ultima evenienza, il diritto del datore di lavoro di ripartire diversamente determinate mansioni fra più dipendenti non deve far perdere di vista la necessità di verificare il rapporto di congruità causale fra la scelta imprenditoriale e il licenziamento, sicché non basta che i compiti un tempo espletati dal lavoratore licenziato siano stati distribuiti ad altri, ma è necessario che tale riassetto sia all’origine del licenziamento anziché costituirne mero effetto di risulta” (Cass. n. 19185/2016).
Sul tema, v, M.N. BETTINI (a cura di), La nozione di licenziamento per giustificato motivo oggettivo fra tutela del lavoratore e ragioni d’impresa, Editoriale scientifica, Napoli, 2017.