La composizione irregolare dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari non determina la nullità del procedimento
Nota a Cass. 25 ottobre 2017, n. 25379
Donatella Casamassa
Le regole che disciplinano costituzione e funzionamento dell’Ufficio disciplinare hanno natura regolamentare e non imperativa, sicché la circostanza che uno dei tre componenti dell’organo collegiale sia laureato in economia e commercio e non in giurisprudenza costituisce una mera irregolarità che non comporta la nullità del procedimento.
Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione (25 ottobre 2017, n. 25379) in relazione al licenziamento senza preavviso del titolare di incarico dirigenziale nella PA, in esito a giudizio penale conclusosi con sentenza di patteggiamento alla pena di due anni di reclusione per il reato di concussione. Il lavoratore eccepiva, fra l’altro: a) l’irregolarità del procedimento disciplinare viziato per illegittima costituzione dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari, in quanto un suo componente non possedeva il titolo prescritto, ossia la laurea in giurisprudenza; b) l’illegittima composizione del Collegio di disciplina in difformità dalla prescrizione regolamentare, tale da determinare una violazione dell’art. 55-bis, co. 4, D.Lgs. n. 165/2001, norma imperativa la cui inosservanza va sanzionata con la nullità, ex art. 1418 c.c.
La Corte giunge alle sue conclusioni rilevando che:
- In base all’art. 55-bis, co. 4, D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, “tutte le fasi del procedimento disciplinare relative alle infrazioni di maggiore gravità devono essere svolte esclusivamente dall’Ufficio per i procedimenti disciplinari (U.P.D.), il quale è anche l’organo competente alla irrogazione delle relative sanzioni”.
- Ogni Pubblica Amministrazione individua, secondo il proprio ordinamento e nell’ambito della propria organizzazione, “l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari per le infrazioni punibili con sanzione superiore al rimprovero verbale e ne attribuisce la titolarità e responsabilità” (art. 55-bis, co. 2, come sostituito dall’art. 13, co. 1, lett. b), del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75).
- Spetta a tale ufficio, come noto, la contestazione dell’addebito al dipendente, la convocazione per il contraddittorio a sua difesa, nonché l’istruzione e la conclusione del relativo procedimento.
- “Il procedimento instaurato da un soggetto diverso dal predetto ufficio è illegittimo e la sanzione è affetta da nullità, risolvendosi in una violazione di norme di legge inderogabili sulla competenza” (v., le fra tante, Cass. n. 1753/ 2017 e n. 22487/2016).
- Bisogna però tenere distinte le regole legali sulla competenza da quelle regolamentari che disciplinano la costituzione e il funzionamento dell’organo collegiale secondo l’ordinamento interno di ciascuna PA, “per le quali occorre procedere di volta in volta ad una specifica disamina”.
- Le disposizioni contenute nell’art. 55, co.1 e ss. (fino all’art. 55-octies), D.Lgs. n. 165 del 2001, “costituiscono norme imperative, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419, secondo comma, c.c.”, per cui – in relazione ai fatti disciplinarmente rilevanti “non possono più trovare applicazione le previsioni contrattuali difformi, ossia quelle che dettano regole diverse da quelle ricavabili in via diretta dalle previsioni legali.
- Il carattere imperativo delle regole dettate dalla legge sulla competenza per i procedimenti disciplinari (come desumibile dagli artt. 55, co.1 e 55-bis, co.4) riguarda solo la non derogabilità della disciplina legale ad opera dell’autonomia negoziale.
- In conclusione, nella fattispecie esaminata, “è del tutto pacifico che il procedimento venne instaurato e concluso dall’Ufficio che, secondo la normativa regolamentare interna dell’Ente, era l’ufficio “competente” e tanto è sufficiente ad escludere ogni ipotesi di nullità del procedimento, che non è prevista né dal Regolamento, come interpretato dalla Corte territoriale, né dal D.Lgs. n. 165 del 2001, che certo non attribuisce natura imperativa “riflessa” al complesso delle regole procedimentali interne che regolano la costituzione e il funzionamento” dell’U.P.D. Peraltro, “la circostanza che uno dei tre componenti dell’organo collegiale fosse laureato in economia e commercio e non in giurisprudenza è stato ritenuto dalla Corte di appello, alla stregua dell’interpretazione complessiva delle previsioni regolamentari, una mera irregolarità, come evidenziato in narrativa”.