È legittimo il licenziamento del lavoratore che abbia utilizzato un certificato falso, motivato dalla finta partecipazione al seggio elettorale, per godere di un giorno in più di riposo.
Nota a Cass. 23 gennaio 2018, n. 1631
Annarita Lardaro
In tema di licenziamento disciplinare, il consapevole utilizzo da parte del lavoratore di un falso certificato al fine di poter usufruire di un giorno di riposo altrimenti non spettante può concretare il concetto di giusta causa di licenziamento previsto dall’art. 2119 c.c., derogabile in senso più favorevole al lavoratore solo ove una specifica norma contrattuale collettiva preveda espressamente simile caso come meritevole di una sanzione meno grave.
È quanto ha statuito la Corte di Cassazione con sentenza 23 gennaio 2018, n. 1631 (cassando quanto deciso in secondo grado dalla Corte d’Appello di Salerno).
Il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte traeva origine dal comportamento di un lavoratore che era stato licenziato dalla società per aver indebitamente fruito di un giorno di riposo compensativo. Il dipendente, infatti, aveva comunicato al datore di lavoro che sarebbe stato assente a causa di impegni come rappresentante di lista, consegnando successivamente un falso attestato di partecipazione alle attività elettorali. Pertanto, la società aveva deciso di irrogargli la sanzione espulsiva.
La Cassazione, in relazione al comportamento tenuto dal lavoratore, ha valutato che lo stesso non poteva essere ascritto ad un mero disguido o alla confusione sulla data di rientro in azienda (come, invece, era stato ritenuto dalla Corte territoriale), ma al consapevole uso di un attestato falso al fine di usufruire di un giorno di riposo compensativo non spettante. La Suprema Corte ha, quindi, ritenuto che tale ipotesi integrava una giusta causa di licenziamento così come prevista dalla legge, né certamente risultava smentita dalla contrattazione collettiva che non disciplinava affatto con minore sanzione (conservativa) una simile fattispecie.
La Corte ha, pertanto, riformato la sentenza impugnata “per aver considerato unicamente il dato fenomenico dell’assenza ingiustificata, senza valutare affatto il principio che il consapevole utilizzo di un falso certificato al fine di poter godere, peraltro in un momento di dedotto maggior bisogno lavorativo per l’azienda, di un giorno di riposo non spettante, può concretare il concetto di giusta causa previsto dall’art. 2119 c.c., derogabile in melius solo ove una specifica norma contrattuale collettiva preveda espressamente simile caso come foriero di meno grave sanzione”.