Un’organizzazione di categoria non può impedire accordi tra clienti ed avvocati sugli onorari.
Nota a Corte di Giustizia UE, 23 novembre 2017, C-427/2016
Valerio Di Bello
Secondo quanto statuito dai Giudici comunitari, si viola l’articolo 101 del TFUE (in combinato disposto con l’art. 4, paragrafo 3 del Trattato UE), quando le norme interne bloccano ogni possibilità di accordo tra cliente e avvocato nello stabilire un onorario inferiore a quello fissato da un’organizzazione forense che non sia controllata dall’autorità pubblica.
Tale principio trae origine dalle cause C-427/2016 e C-428/2016, riunite innanzi alla Corte di Giustizia, nelle quali si chiedeva se la corretta interpretazione dell’art. 101 del TFUE ostacolasse una normativa interna volta alla predeterminazione inderogabile dei minimi tariffari.
La Corte di Giustizia ha cristallizzato il principio secondo il quale l’art. 101 del TFUE deve essere interpretato nel senso che “osti ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento che, da un lato non consenta all’avvocato e al cliente di pattuire un onorario di importo inferiore a quello previsto da un regolamento adottato da un’organizzazione di categoria forense”, e dall’altro “non autorizzi il Giudice a disporre la rifusione di onorari di importo inferiore al minimo”.
Ciò non avviene, ha proseguito la Corte, in una fattispecie ove le tariffe siano fissate nel rispetto dei criteri di interesse pubblico definiti dalla legge e i poteri pubblici non deleghino le loro prerogative d’approvazione o di fissazione delle tariffe ad operatori economici privati.
Ne deriva che se l’ordine forense, costituito da avvocati eletti da colleghi, non agisce come “emanazione della pubblica autorità che operi a fini di interesse generale” si violano l’art. 101 del TFUE e l’art. 4, paragrafo 3, del Trattato UE.
La Corte ha, altresì, statuito che il sistema nazionale (nel caso di specie bulgaro) per cui l’Iva è parte integrante degli onorari degli avvocati (col loro doppio assoggettamento all’imposta) viola la direttiva 2006/112 sul sistema comune Iva che, per il principio di neutralità fiscale, impedisce che l’assoggettamento delle attività professionali di un soggetto passivo generi doppia imposizione.