È assorbibile il superminimo in caso di aumenti derivanti da fusioni societarie.
Nota a Cass. 27 febbraio 2018, n. 4533
Valerio Di Bello
I superminimi concessi dal datore di lavoro sono generalmente soggetti ad assorbimento in caso di aumenti retributivi derivanti da fonti collettive, a sottrarsi a tale generale principio sono solamente i superminimi o comunque le eccedenze retributive erogate “intuitu personae”, ovvero quella remunerazione aggiuntiva alla retribuzione contrattualmente dovuta in ragione di una singolare valutazione delle speciali condizioni personali del lavoratore ed in previsione dei particolari vantaggi che il datore di lavoro conta di ottenere dalla sua prestazione, restando a carico del lavoratore l’onere di provare la sussistenza del titolo che autorizza il mantenimento del superminimo, escludendone l’assorbimento.
Con tale principio di diritto, la Corte di Cassazione con la sentenza 27 febbraio 2018, n. 4533 – ribadendo, di fatto, proprie precedenti pronunce (Cass. n.17861/2016) – ha cassato un giudizio di merito relativo all’assorbimento di un assegno ad personam.
Nello specifico, il caso trae origine da un ricorso presentato da un lavoratore di un istituto di credito, al quale – dopo l’incorporazione per fusione del proprio datore di lavoro all’interno di un altro istituto bancario – non è stato più erogato un assegno ad personam, in quanto assorbito nel trattamento economico, complessivamente più favorevole, al medesimo garantito dalla banca incorporante. Tale assorbimento veniva considerato illegittimo dal Tribunale di Roma e dalla Corte d’Appello capitolina, in quanto derivava da un accordo individuale tra il lavoratore e la banca incorporata e, pertanto, secondo i Giudici di merito, il nuovo datore di lavoro avrebbe dovuto continuare ad erogarlo, atteso che l’incorporazione non dà luogo ad alcune novazione del rapporto di lavoro.
Orbene, secondo i Giudici di legittimità, tale argomentazione non è sufficiente, in quanto per decretare l’illegittimità del comportamento assunto dalla Banca incorporante, i Giudici di merito avrebbero dovuto accertare se l’erogazione dell’assegno in argomento fosse avvenuta “intuitu personae” (ovvero per condizioni personali del lavoratore) e, come tale, non assorbibile, rimettendo quindi alla Corte di Appello, in funzione di Giudice del rinvio, di appurare tale aspetto e decretare se il lavoratore abbia o meno diritto al mantenimento dell’assegno.