L’apposizione del termine al contratto di lavoro deve risultare direttamente o indirettamente da atto scritto di modo che il prestatore sia posto in grado di conoscere con certezza “quale sia la reale natura del rapporto” (v. Cass. n. 4418/2016), altrimenti è da considerarsi priva di effetto.
Più specificamente, la forma scritta ad substantiam è richiesta ai fini della stessa efficacia della clausola di durata apposta al contratto (come si evince dalla locuzione “è priva di effetto”: art. 19, co.4, DLgs. n. 81/2015) e la violazione di tale requisito comporta la nullità del termine e la trasformazione in contratto a tempo indeterminato (V. Trib. Udine 29 maggio 2014, GLAV, 2014, n. 46, 28; Trib. Bolzano 12 luglio 2012, ibidem, 2013, n. 17, 50; Trib. Milano 21 giugno 2002, ADL, 2002, 911, con nota di DE ANGELIS, La forma del contratto di lavoro a termine, secondo cui, in mancanza della specificazione scritta delle ragioni che giustificano il termine, il contratto si converte in contratto a tempo indeterminato e “conseguentemente, la risoluzione intimata alla scadenza del termine deve essere considerata alla stregua di un licenziamento illegittimo”; App. Venezia 16 maggio 2006, n. 286, Rass. giur. lav. Veneto, 2007, n. 2, 70, secondo cui la previsione della forma scritta ad substantiam determina l’impossibilità della prova testimoniale della conclusione del contratto. In senso conforme, v. Trib. Firenze 10 febbraio 2005,GLAV, 2005, n. 38, 32; Trib. Bolzano 16 giugno 2004, ivi, 2004, n. 39, 39).
La forma scritta del contratto a termine costituisce, pertanto, un’eccezione al principio generale della libertà di forma del contratto di lavoro subordinato.
Essa, inoltre, deve essere anteriore o contestuale all’effettivo inizio della prestazione di lavoro a termine e se il termine viene apposto al contratto successivamente all’inizio della prestazione deve considerarsi come non apposto (Cass. 14 luglio 2011, n. 15494, in Mass. giur. lav., 2012, 117 (M);Trib. Trieste 3 agosto 2012, GLAV, 2013, n. 4, 56; App. Venezia 16 maggio 2006, n. 286, cit.; Trib. Milano 2 marzo 2005, GDir, 2005, n. 36, 80). È possibile però provare (da parte del datore di lavoro) che le parti contraenti, con tale atto scritto, avevano inteso risolvere il precedente rapporto a tempo indeterminato per costituire un nuovo rapporto a termine (Cass. 21 marzo 2005, n. 6017; Trib. Bolzano 20 aprile 2013, GLAV, 2013, n. 45, 44).
Anche per la giurisprudenza consolidata le condizioni di legittimità del contratto a tempo determinato sono: il rispetto della forma scritta della clausola appositiva del termine che è prevista ad substantiam, e, dunque, non può essere provata a mezzo testi (v. Cass. n. 13393/2017); nonché la avvenuta sottoscrizione del contratto medesimo da parte del lavoratore (v. Cass. n. 4418/ 2016, cit.).
Tale sottoscrizione, secondo Cass. 5 febbraio 2018, n. 2774, deve avvenire “ovviamente in un momento antecedente o contestuale all’inizio del rapporto”.
Pertanto, non è sufficiente la consegna al prestatore del documento sottoscritto dal solo datore, in quanto “la consegna in questione – benché seguita dall’espletamento di attività lavorativa – non è suscettibile di esprimere inequivocabilmente una accettazione (peraltro irrilevante ove manifestata per fatti concludenti) della durata limitata del rapporto, ma, plausibilmente, la semplice volontà del lavoratore di esser parte di un contratto di lavoro”. Nella fattispecie, i giudici hanno cassato la decisione della Corte d’appello di Milano che aveva dichiarato valido il contratto di lavoro a termine “pur se consegnato al lavoratore con la sola sottoscrizione del datore; ciò sul rilievo che il lavoratore, reso edotto, nel corso di apposita riunione, del vincolo di durata della rapporto di lavoro, aveva accettato le condizioni illustrate dal datore medesimo, come dimostrato dall’avvenuto svolgimento di attività lavorativa dal giorno successivo alla predetta riunione”.
La forma scritta non è necessaria per:
– i contratti a termine stipulati con i dirigenti (art. 29, co. 2, lett. a), DLgs. n. 81/2015);
– i contratti a termine puramente occasionali di durata non superiore a 12 giorni, ai sensi dell’art. 19, co. 4, DLgs. n. 81/2015 (c.d. lavoro a termine occasionale);
– i contratti a termine espressamente esclusi, totalmente o parzialmente, dalla relativa disciplina, dettata dal DLgs. n. 81/2015 (art. 29) e concernenti i contratti a tempo determinato stipulati: con i lavoratori in mobilità; in agricoltura; per i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; nei settori del turismo e dei pubblici esercizi; con il personale docente ed ATA per il conferimento delle supplenze; con il personale sanitario, anche dirigente, del Servizio sanitario nazionale; con il personale dipendente dalle Fondazioni lirico-sinfoniche.
L’onere della prova della stipulazione per iscritto del contratto a tempo determinato grava, secondo la regola generale dell’art. 2697 c.c., sulla parte interessata a far valere il termine.
F.D.