Vi è concorso di reati, e non concorso apparente di norme, tra le due fattispecie di rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro e lesioni personali colpose aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica.
Nota a Cass. Pen. 8 febbraio 2018, n. 6156
Sabrina Sparandeo
Il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza del posto di lavoro, in quanto la condotta contraria, oltre che integrare gli estremi del delitto di rimozione od omissione dolosa delle cautele contro gli infortuni sul lavoro, verrebbe qualificata dall’elemento costitutivo della colpa per inosservanza di leggi che connota il delitto di lesioni di cui all’art. 590 c.p., determinando, ai fini della contestazione e dell’applicazione della pena, un concorso di reati e non di certo un concorso apparente di norme.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione Pen. con la sentenza 8 febbraio 2018, n. 6156, in tema di infortuni sul lavoro, la quale ha fatto chiarezza sulla dibattuta questione se la contestazione di plurime fattispecie criminose configuri un concorso apparente di norme o concorso di reati
La vicenda processuale ruota intorno al ricorso proposto avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Torino in data 14 ottobre 2016 (di conferma della sentenza di primo grado) che aveva condannato il datore di lavoro per il reato di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) in quanto, nella qualità di Amministratore Delegato di una società, non aveva impedito che gli “organi lavoratori di una pressa” presente in azienda non fossero protetti e provvisti di dispositivi di sicurezza i quali avrebbero evitato il contatto con le mani ed impedito lesioni colpose aggravate nei confronti di una lavoratrice con violazione della normativa antinfortunistica (DLGS n. 81/2008).
Nell’originaria imputazione, tuttavia, figurava anche il reato di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro (art. 437 c.p.), per il quale l’imputato era stato assolto.
Proprio a fronte di tale assoluzione, il ricorrente evocava un concorso apparente di norme tra i due reati citati, da cui dipendeva la violazione del principio di specialità e del c.d. ne bis in idem, ossia il principio di diritto in base al quale un giudice non può esprimersi due volte sulla stessa azione se si è già formato il giudicato. Dovendosi considerare la rimozione dolosa di cautele – fattispecie caduta in primo grado – più grave delle lesioni colpose, invero, l’imputato affermava di dover essere assolto anche dal secondo reato, stante il divieto di sottoporre a giudizio un soggetto per lo stesso fatto, per due titoli diversi.
La Corte di Cassazione ha, però, rigettato il ricorso avanzando delle importanti considerazioni sul punto.
In primo luogo, ha rilevato che, a fronte della specifica norma antinfortunistica violata, ossia l’art. 70, co. 2, DLGS n. 81/2008, il datore di lavoro non aveva volontariamente posto in essere tutte le cautele necessarie.
In secondo luogo, ha precisato che in caso di norme penali che regolano la stessa materia, il criterio di specialità richiede che, per individuare la disposizione prevalente, ci sia un rapporto di continenza tra le norme stesse.
Per verificare tale continenza è necessario procedere ad un confronto strutturale tra le fattispecie contestate e ad una comparazione degli elementi costitutivi.
A ben vedere, le due disposizioni incriminatrici non solo tutelano beni giuridici diversi e sono integrate da un elemento soggettivo ben differente (in un caso si parla di colpa e nell’altro di dolo), bensì differiscono anche per la diversità dell’evento, che nel delitto di cui all’art. 437 c.p. è costituito dal comune pericolo per l’incolumità pubblica il cui effettivo verificarsi non è elemento costitutivo del reato, mentre nel delitto di cui all’art. 590 c.p. l’evento è costituito dalle lesioni subite dalla parte offesa. Ne consegue che, nel caso di specie, si configura un concorso di reati e non un concorso apparente di norme.