In caso di accertamento giudiziario di interposizione fittizia di manodopera il datore di lavoro effettivo che rifiuti le prestazioni offerte dai lavoratori è obbligato a corrispondere loro la retribuzione
Nota a Cass., SU, 7 febbraio 2018, n. 2990
Alfonso Tagliamonte
L’obbligo del datore di lavoro effettivo che rifiuti le prestazioni offerte dai lavoratori dopo l’accertamento giudiziario di intermediazione illecita di manodopera è retributivo, non risarcitorio e, pertanto, non è soggetto alla detrazione dell’aliunde perceptum.
E’ quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (7 febbraio 2018, n. 2990), le quali, innovando rispetto alla precedente giurisprudenza della Corte, che qualificava l’obbligo del datore di lavoro come meramente risarcitorio, ha precisato che l’impianto sanzionatorio in materia di somministrazione irregolare (DLGS n. 81/2015, art. 30 ss.) contempla la proposizione di un ricorso giudiziale, notificato anche soltanto nei confronti del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, con cui richiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione. E, “nel momento successivo alla declaratoria di nullità dell’interposizione di manodopera, a fronte della messa in mora (offerta della prestazione lavorativa) e della impossibilità della prestazione per fatto imputabile al datore di lavoro (il quale rifiuti illegittimamente di ricevere la prestazione), grava sull’effettivo datore di lavoro l’obbligo retributivo”.
Ciò, in quanto dal rapporto di lavoro riconosciuto dal giudice discendono gli ordinari obblighi a carico di entrambe le parti ed, in particolare, con riferimento al datore di lavoro, quello di corrispondere la retribuzione, “anche nel caso di mora credendi e, quindi, di mancanza della prestazione lavorativa per rifiuto di riceverla”.
Secondo i principi generali in tema di adempimento contrattuale, occorre infatti evitare che i lavoratori (in seguito alla richiesta di accertamento giudiziale della invalidità del contratto in violazione di norme imperative in materia di divieto di interposizione di manodopera in un appalto di servizi), quando abbiano ottenuto l’ordine giudiziale di ripristino del rapporto nei confronti del reale datore di lavoro e, pertanto, offrano a quest’ultimo le loro prestazioni, senza essere stati riammessi in servizio, “subiscano le ulteriori conseguenze sfavorevoli derivanti dalla condotta omissiva del datore di lavoro rispetto all’esecuzione dell’ordine giudiziale”.
Pertanto, “il datore di lavoro il quale, nonostante la sentenza che accerta il vincolo giuridico, non ricostituisce i rapporti di lavoro, senza alcun giustificato motivo, dovrà sopportare il peso economico delle retribuzioni, pur senza ricevere la prestazione lavorativa corrispettiva, sebbene offerta dal lavoratore”.
Resta peraltro fermo che le eventuali retribuzioni percepite dai medesimi lavoratori ed i contributi versati dal datore di lavoro fittizio dopo la sentenza che dichiara l’intermediazione illecita liberano, secondo la legge (art. 38, co. 3, D LGS n. 81/2015), il vero datore di lavoro dal debito corrispondente fino alla concorrenza delle somme effettivamente pagate.
La norma sulla somministrazione irregolare: art. 38, DLGS. n. 81/2015:
“1. In mancanza di forma scritta il contratto di somministrazione di lavoro è nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.
2. Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli articoli 31, commi 1 e 2, 32 e 33, comma 1, lettere a), b), c) e d), il lavoratore può chiedere, anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione.
3. Nelle ipotesi di cui al comma 2 tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione.
4. La disposizione di cui al comma 2 non trova applicazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni”.