Il datore di lavoro non deve indicare minuziosamente i giorni di assenza per malattia

Nota a Cass. 23 gennaio 2018, n. 1634

Flavia Durval

II licenziamento per superamento del periodo di comporto di malattia è assimilabile non già ad un licenziamento disciplinare ma ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo. “Ne consegue che il datore di lavoro non deve indicare i singoli giorni di assenza, potendosi ritenere sufficienti indicazioni più complessive, idonee ad evidenziare un superamento del periodo di comporto in relazione alla disciplina contrattuale applicabile, come l’indicazione del numero totale delle assenze verificatesi in un determinato periodo, fermo restando l’onere, nell’eventuale sede giudiziaria, di allegare e provare, compiutamente, i fatti costitutivi del potere esercitato”.

Il rilevante principio applicativo è stato ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 23 gennaio 2018, n, 1634, in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. 5 aprile 2017, n.8834; Cass. 10 gennaio 2017, n. 284; Cass. 5 aprile 2013, n. 8440; Cass. 25 novembre 2010, n. 23920; Cass. 26 maggio 2005, n. 11092), che ha rigettato il ricorso proposto dalla società datrice di lavoro nei confronti del giudice d’appello.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Vicenza, aveva ritenuto illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore per superamento del periodo di comporto poiché il datore di lavoro non aveva dimostrato, come era suo onere, il superamento, da parte del lavoratore, del numero di assenze per malattia con riferimento a tutte le giornate indicate dalla contrattazione di settore quale limite massimo alla conservazione del posto di lavoro, limitandosi a depositare le sole buste paga e non anche i certificati medici relativi alle assenze denunciate.

Licenziamento per superamento del periodo di comporto
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