I permessi mensili per assistenza ad una persona con handicap, attribuiti al genitore che osservi un orario di lavoro part time verticale, articolato su 4 giorni alla settimana, non vanno riproporzionati nella misura di due, invece di tre.

Nota a Cass. 20 febbraio 2018, n. 4069

Mara Mancini

Il lavoratore a tempo parziale non può subire discriminazioni rispetto al lavoratore a tempo pieno. Tale principio è sancito dall’art. 7, DLGS n. 81/2015, secondo cui:

“1. Il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno di pari inquadramento.

2. Il lavoratore a tempo parziale ha i medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile ed il suo trattamento economico e normativo è riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa. I contratti collettivi possono modulare la durata del periodo di prova, del periodo di preavviso in caso di licenziamento o dimissioni e quella del periodo di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia ed infortunio in relazione all’articolazione dell’orario di lavoro”.

Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione (20 febbraio 2018, n. 4069), la quale ha osservato che il legislatore, in attuazione del principio di non discriminazione, distingue fra istituti riconducibili ad un ambito di diritti a connotazione non strettamente patrimoniale, che ha inteso salvaguardare da qualsiasi riduzione connessa alla minore entità della durata della prestazione lavorativa ed istituti a connotazione patrimoniale, che si pongono in stretta corrispettività con la durata della prestazione lavorativa, rispetto ai quali è ammesso il riproporzionamento anche con la mediazione delle parti collettive.

Quanto alla normativa che riconosce al genitore che assiste persona con handicap in situazione di gravità il diritto di fruire, anche in maniera continuativa, di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, l’art. 33, co. 3, L n. 104/1992, stabilisce che: “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado, qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti ”(In riferimento al presente comma, v. Min. Lav. Interpello 20 maggio 2016, n. 20 e Interpello 26 giugno 2014, n. 19).

Come osserva la Corte, la tutela della salute psico-fisica del disabile rappresenta un diritto fondamentale dell’individuo tutelato dall’art. 32 Cost., che rientra tra i diritti inviolabili che la Repubblica riconosce e garantisce all’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2 Cost.). In questa direzione, “il permesso mensile retribuito di cui all’art. 33, co. 3, L. 104/1992 costituisce espressione dello Stato sociale che eroga una provvidenza in forma indiretta, tramite facilitazioni e incentivi ai congiunti che si fanno carico dell’assistenza di un parente disabile grave” (Corte cost. n. 213/2016).

Si tratta di uno strumento di politica socio-assistenziale “basato sul riconoscimento della cura alle persone con handicap in situazione di gravita prestata dai congiunti e sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale ed intergenerazionale”. L’adozione di interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie svolge un ruolo fondamentale nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap (v. Cass. n. 203/2013 e n. 19/2009), favorendo l’assistenza alla persona affetta da handicap grave in ambito familiare, allo scopo di “assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare, indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio dell’assistito» (Cass. n. 158/2007).

In quest’ottica, dunque, il diritto ad usufruire dei permessi costituisce un diritto del lavoratore non comprimibile che va riconosciuto in misura identica a quella del lavoratore a tempo pieno.

Part time verticale e assistenza disabili
Tag:                                                                                         
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: