Il riconoscimento del concreto svolgimento di mansioni dirigenziali presuppone la preesistenza del posto nella pianta organica dell’ufficio.
Nota a Cass.10 gennaio 2018, n. 350
Fabio Iacobone
Nel pubblico impiego, “lo svolgimento di fatto di funzioni dirigenziali non può che espletarsi in relazione ad una specifica posizione organizzativa, rispetto alla quale si sia previsto l’esercizio di funzioni dirigenziali o l’attribuzione a dirigente”.
Lo ha puntualizzato la Corte di Cassazione (10 gennaio 2018, n. 350), rilevando che, anche nel caso di conferimento illegittimo di mansioni superiori, consegue il diritto al corrispondente trattamento economico secondo la ratio dell’art. 52, DLGS 30 marzo 2001, n. 165, finalizzata ad “assicurare al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost.”.
Nella fattispecie esaminata dalla Corte, il lavoratore era inquadrato al livello più elevato tra quelli previsti dall’organico dell’ufficio di appartenenza, e, quindi, svolgeva funzioni latu sensu direttive. Tuttavia, non poteva “farsi questione di mansioni dirigenziali, dal momento che la pianta organica dell’ufficio non prevedeva la presenza di alcun dirigente a capo dell’ufficio; mentre, in base alla legge, è necessaria “la sussistenza di una posizione organizzativa cui riferire l’esercizio delle funzioni dirigenziali”.
Tipologia di mansioni attribuibili al dipendente pubblico. Come noto, in base al citato art. 52, (Disciplina delle mansioni), il lavoratore va assegnato “alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a). L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione” (co.1).
Condizioni per l’attribuzione di mansioni superiori. Inoltre, il prestatore di lavoro può, per obiettive esigenze di servizio, essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore, qualora ricorrano due ipotesi:
“a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici, qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti, come previsto al co. 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza” (co.2).
Al di fuori di queste due ipotesi, l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore è nulla. Tuttavia, al lavoratore va corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore (co.5). La legge prevede poi la responsabilità del dirigente che ha disposto l’assegnazione, il quale “risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave” (co.5).
Caratteristiche dell’assegnazione. Concretizza lo svolgimento di mansioni superiori “soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni” (co.3).
Trattamento per le mansioni superiori. Qualora sia adibito a mansioni superiori, “il prestatore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore”. E, laddove l’utilizzazione del dipendente sia realizzata allo scopo di “sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data di attribuzione delle mansioni superiori, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti” (co.4).
Ruolo dei contratti collettivi. I “contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore” (co.6).