Quando l’appaltatore di una Asl non assume rischio d’impresa e non esercita né il potere direttivo sui prestatori impiegati, né il potere di organizzazione dei mezzi utili allo svolgimento della sua attività, si configura una sostanziale somministrazione di personale.
Nota a Consiglio di Stato 12 marzo 2018, n. 1571
Maria Novella Bettini
La messa a disposizione di un pacchetto di ore lavorative in favore di un terzo, svolte da lavoratori che risultino coordinati dal soggetto (una ASL) che riceve le prestazioni, configura una somministrazione di personale realizzabile soltanto per il tramite delle agenzie per il lavoro debitamente autorizzate dal Ministero del Lavoro allo svolgimento di tale attività.
In particolare, una ASL, al fine di garantire il regolare svolgimento delle proprie attività, non può, mediante un appalto, acquistare un numero di ore di lavoro annue per integrare il proprio personale interno con altro personale esterno. Si tratta, infatti, di un’operazione non riconducibile alla normativa in materia di appalto in cui l’appaltatore, assumendosi un rischio d’impresa, dirige ed organizza i lavoratori in vista di un risultato.
E’ quanto affermato dal Consiglio di Stato (12 marzo 2018, n. 1571), il quale ha analizzato nel dettaglio la fattispecie sottoposta al suo giudizio alla luce dei diversi fattori che qualificano l’istituto dell’appalto e quello della somministrazione.
Il perseguimento del risultato. Come rileva il Consiglio, i tratti distintivi che caratterizzano il contratto d’appalto e lo differenziano dalla somministrazione di manodopera consistono nell’assunzione da parte dell’appaltatore: a) del potere di organizzazione dei mezzi necessari allo svolgimento dell’attività richiesta; b) del potere direttivo sui lavoratori impiegati nella stessa (i lavoratori, cioè, “restano nella disponibilità della società appaltatrice, la quale ne cura la direzione ed il controllo”, mentre nella somministrazione è “l’utilizzatore che dispone dei lavoratori, impartendo loro le direttive da eseguire”); c) del rischio di impresa.
Secondo i giudici, dagli elementi sopra considerati si evince che con il contratto di appalto (art. 29, DLGS n. 276/2003) “una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro – secondo lo schema dell’obbligazione di risultato”; mentre, “nel contratto di somministrazione (art. 30, DLGS n. 81/2015), l’agenzia invia in missione dei lavoratori che svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore – secondo lo schema dell’obbligazione di mezzi”.
Quanto al risultato perseguito, nell’ipotesi di appalto lecito, per il Consiglio appare evidente che nella gara de qua “l’aggiudicatario non ha alcun risultato da raggiungere, poiché oggetto esclusivo della procedura, ….. sono mere prestazione lavorative (di segreteria, istruttorie o di supporto alla gestione delle attività amministrative) che, evidentemente, non rappresentano un’articolata ed organizzata prestazione di servizi”.
Né rilevano le generiche clausole del capitolato, secondo le quali “i servizi verranno svolti con esclusiva organizzazione, responsabilità e rischio della ditta aggiudicataria”, in quanto non si ravvisa un potere di autonoma ed effettiva organizzazione produttiva da parte dell’aggiudicatario dell’appalto, mancando le “concrete modalità di organizzazione delle attività che ne assegnino la conduzione all’autonomia e alla iniziativa imprenditoriale dell’appaltatore”.
Non può dunque qualificarsi come genuino un affidamento formalmente qualificato come appalto, ma dissimulante una somministrazione di personale, in quanto connotata dai seguenti elementi: “a) la richiesta da parte del committente di un certo numero di ore di lavoro; b) l’inserimento stabile del personale dell’appaltatore nel ciclo produttivo del committente; c) l’identità dell’attività svolta dal
personale dell’appaltatore rispetto a quella svolta dai dipendenti del committente; d) la proprietà in capo al committente delle attrezzature necessarie per l’espletamento delle attività; e) l’organizzazione da parte del committente dell’attività dei dipendenti dell’appaltatore” (così, Cass. 7 febbraio 2017, n. 3178).
Nella fattispecie esaminata dal Consiglio di Stato, le prestazioni richieste dalla
ASL sono identificate non già in “servizi”, bensì in numero di ore di lavoro annue – finalizzate a: “supporto giuridico, amministrativo, tecnico e contabile” (31.200 ore annue di lavoro); “supporto e gestione dei servizi centrali, distrettuali e ospedalieri” (22.568 ore annue di lavoro); attività di “archiviazione, data entry e front office” (62.566 ore annue di lavoro); supporto alla liquidazione e gestione ordini, consegne e pagamenti (18.928 ore annue); segreteria
alle Direzioni Aziendali, Ospedaliere e Distrettuali (36.296 ore annue di lavoro) – .
Ciò, secondo i giudici, evidenzia come l’appaltatore non svolga alcun servizio “diverso” da una mera attività di ausilio collaborativo al personale dipendente della ASL. Quest’ultima, infatti, ha inteso “integrare il proprio personale interno dimostratosi insufficiente, con altro personale esterno, in modo da garantire il regolare svolgimento delle proprie attività d’ufficio”. Con ciò sfuggendo alla logica tipica dell’appalto di servizi in cui “l’appaltante affida all’appaltatore lo svolgimento di prestazioni connesse ad un preciso risultato, finalizzate alla realizzazione di un opus dotato di consistenza autonoma e manifesta, diversamente dallo schema tipico della somministrazione di lavoro a tempo determinato “che si caratterizza per la ricerca di lavoratori da utilizzare per i generici scopi del committente, in chiave d’integrazione del personale già presente in organico”.
Il che emerge anche dall’analisi delle modalità di remunerazione del servizio e di individuazione della base d’asta, esclusivamente correlata alle ore/lavoro richieste all’aggiudicatario.
Oggetto del contratto, organizzazione e direzione tecnico-organizzativa. Per ciò che attiene all’oggetto ed al contenuto intrinseco dell’appalto, secondo i giudici, la commessa oggetto del contratto esaminato rivela connotati
del tutto affini alla somministrazione di personale sotto il profilo della direzione tecnica ed organizzativa della prestazione. E’ questo, infatti, un tratto qualificante soprattutto negli appalti endoaziendali (come quello oggetto della decisione), che sono “caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di attività strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente” (v. Cass. 3 giugno 2014, n. 12357). In tale ipotesi, occorre valutare attentamente la sussistenza di una effettiva e sostanziale organizzazione dei mezzi pena la sussistenza di una somministrazione di manodopera; sussistenza che si configura ove si consideri che “1) gli orari di lavoro non sono definiti autonomamente dall’aggiudicatario, ma sono programmati da quest’ultimo
sulla base delle specifiche esigenze della ASL (che, peraltro, si riserva la possibilità di richiedere prestazioni lavorative anche in giornate festive); b) le sostituzioni anche del singolo lavoratore assente possono essere richieste dall’azienda sanitaria; c) le soluzioni alternative per fronteggiare le assenze devono essere concordate con la ASL stessa; d) non si riscontra alcuna “attività di organizzazione di mezzi e di attrezzature destinate alla esecuzione del servizio, dovendo l’aggiudicatario limitarsi a ‘fornire’ lavoratori”.
Anche se nel capitolato di gara si pone a carico dell’aggiudicatario l’onere della gestione “amministrativa” dei rapporti di lavoro (come il pagamento della retribuzione, il riconoscimento delle ferie, etc.), l’appalto in questione non può essere annoverato fra gli appalti di servizi, ma è riconducibile ad una somministrazione. Questa, infatti, come noto, contempla la gestione de qua in capo all’agenzia (artt. 32 e 37, DLGS n. 81/2015) nella sua qualità di “datore di lavoro formale”, che provvede alla “gestione amministrativa” del rapporto di lavoro, elaborando le buste paga,
corrispondendo le retribuzioni e versando i contributi.
Potere direttivo. Nel caso di appalto in cui la prestazione richiede esclusivamente l’impiego di manodopera, “il criterio dell’effettivo esercizio del potere di organizzazione e di direzione, da parte
dell’appaltatore o del committente, assume valore decisivo al fine di valutare la genuinità o meno dell’appalto” (Cass. 27 marzo 2017, n. 7796).
Al riguardo, però, nella fattispecie analizzata, il contratto stabilisce che i lavoratori “dovranno … attenersi alle direttive dei Responsabili dei Servizi Asl interessati”. Pertanto, le direttive non sono impartite dal committente all’aggiudicatario (come avviene nell’appalto), bensì direttamente dal committente ai lavoratori. Anche tale elemento, com’è noto, connota tipicamente la somministrazione di lavoro, caratterizzata dalla previsione che i lavoratori soggiacciono al potere di direzione e controllo dell’utilizzatore della prestazione.
Le scelte organizzative da cui promanano le direttive sono infatti rimesse all’utilizzatore delle prestazioni, sebbene provengano dal soggetto che fornisce di personale.
Nel caso di specie, infatti, è la stessa ASL a “determinare” le “regole” cui dovrà attenersi il personale, definendo “obiettivi” e “regole standard“, che l’aggiudicatario (quale “formale datore di lavoro” com’è tipico della somministrazione) trasferirà ai lavoratori.
L’effettivo potere direttivo fa dunque capo al committente, che lo esercita concretamente e non con meri suggerimenti o indicazioni finalizzate ad ottimizzare il risultato del prodotto facente capo all’organizzazione e alla gestione proprie dell’appaltatore.
Inserimento del personale nel ciclo produttivo ed integrazione nel ciclo di produzione dell’appaltante Relativamente allo specifico aspetto dell’inserimento della manodopera nel ciclo produttivo del committente, il Consiglio rileva ulteriori elementi indicatori di una “sostanziale contaminazione ”tra l’attività dei lavoratori della ASL e quelli inviati dall’appaltatore, i quali, come rivela “la definizione contenuta nell’oggetto della prestazione, forniscono un contributo di supporto nell’attività “amministrativa” della ASL (supporto che si traduce “nello svolgimento di attività di istruttoria documentale, nella redazione di atti preliminari tesi alla redazione di successivi provvedimenti da parte del personale interno, nel supporto alla stesura delle gare, nell’inserimento ordini, nell’inserimento di dati nell’albo, nel supporto alla liquidazione e gestione ordini, consegne e pagamenti, nello svolgimento di attività di segreteria amministrativa e di gestione della corrispondenza”).
Anche per quanto concerne il profilo degli strumenti di lavoro, non si prevede che l’appaltatore metta a disposizione mezzi ed attrezzature. Al contrario, appare chiaro che il personale dell’appaltatore utilizzerà, per svolgere la propria prestazione, “mezzi ed attrezzature della ASL (quali computer, cancelleria, fotocopiatrici etc.), prestando la propria attività presso la sede della stessa e avvalendosi dello strumentario di lavoro ivi presente”.
In sintesi, dunque, le prestazioni del personale facente capo all’appaltatore sono “pienamente integrate nel ciclo di produzione degli uffici aziendali e presentano un contenuto omogeneo a quello delle attività svolte dal personale stabilmente inserito nella pianta organica della ASL”.
Possesso di competenze specifiche. Né emerge che i lavoratori della ditta appaltatrice siano in possesso di un know-how specifico, inteso come patrimonio di “conoscenze e di pratiche di uso non comune”, tali da rappresentare un quid pluris rispetto alla capacità professionale dei lavoratori impiegati presso la ASL, evidenziando un apporto qualitativo specifico riconducibile all’appalto di servizio.
Di qui “l’impossibilità di individuare un obiettivo di risultato, concluso e autonomo, realizzabile dall’appaltatore e distinguibile dal continuum delle attività principali alle quali quelle appaltate sono chiamate a fornire ausilio”. Ne consegue la configurazione di una causa tipica di somministrazione di manodopera, in cui si realizza una “integrazione del personale nell’organigramma del committente” (v. Cass. 27 marzo 2017, n. 7796, cit.).
Coordinamento fra imprese. Un ulteriore elemento che rileva come indice sintomatico
dell’appalto attiene alle particolari modalità di coordinamento tra le imprese interessate. Queste, infatti, devono essere concepite “per escludere commistioni, interferenze o sovrapposizioni tra le due realtà organizzative; ovvero per rendere del tutto evidente, anche sul piano logistico, la separazione tra le due imprese e tra le rispettive fasi della produzione” (v. Min. Lav. Circ. 22 ottobre 2009). Invece, nella fattispecie esaminata, il capitolato non contiene indicazioni coerenti con la qualificazione del contratto come appalto, in quanto si limita a conferire all’aggiudicatario un onere generico di “coordinamento complessivo dei servizi affidatigli al fine di garantire il regolare svolgimento dei servizi nella loro continuità e nel rispetto degli obiettivi e degli standard fissati dalla
Direzione dell’Azienda”. In sintesi, dunque, i giudici hanno registrato l’assenza di confini certi nelle rispettive fasi di produzione ed una carenza di misure finalizzate a scongiurare l’interferenza e la commistione tra i lavoratori di committente e appaltatore.
Rischio di impresa. Con riferimento poi al rischio d’impresa (che rappresenta uno dei tratti distintivi dell’appalto), il Consiglio osserva che, per l’esistenza di un contratto d’appalto, occorre che “l’oggetto negoziale sia costruito in modo da attribuire – in modo rilevante e per elementi qualificanti l’intero rapporto – il rischio contrattuale all’appaltatore; una condizione, quest’ultima, che nel caso di specie non si realizza, atteso che l’oggetto principale della prestazione è la “fornitura di lavoratori”, senza che assuma alcun rilievo, neppure sul piano remunerativo, il concreto risultato conseguito allo svolgimento delle prestazioni lavorative”. L’aggiudicatario, infatti, non si fa carico dei costi per l’acquisto e l’organizzazione dei mezzi strumentali alla esecuzione della prestazione richiesta; né si rinvengono investimenti a suo carico, o apporti di capitale ovvero di know-how e di beni immateriali in concreto forniti dalla appaltatrice. Manca, dunque, il rischio di impresa, che si desume “dall’alea economica insita nell’attività affidata e derivante dall’imprevedibile andamento del mercato ovvero dalla riuscita delle scelte imprenditoriali compiute dall’appaltatore”.