Il rifiuto del datore di lavoro di negoziazione ed informazione nei confronti del sindacato costituisce comportamento antisindacale.
Nota a Trib. Busto Arsizio 5 febbraio 2018, n. 448 e Trib. Bergamo 30 marzo 2018, n. 1586
Maria Novella Bettini e Paolo Pizzuti
La vicenda conflittuale fra organizzazioni sindacali e Ryanair, sanzionata ai sensi dell’art. 28 Stat. Lav. (repressione della condotta antisindacale) ha offerto l’occasione al Tribunale di Busto Arsizio 5 febbraio 2018, n. 448 ed al Tribunale di Bergamo 30 marzo 2018, n. 1586, di ripercorrere la normativa in tema e di puntualizzare alcuni fondamentali concetti alla luce di una nozione ampia di condotta antisindacale; nozione che richiama la nota impostazione (G. GIUGNI), per la quale il datore di lavoro, al fine di rispettare il principio di libertà sindacale, costituzionalmente garantito (art. 39) ed assistito dall’art. 28 Stat. Lav., è tenuto a “muoversi nel conflitto”, ma non può “opporsi ad esso” (da cui discende che egli è obbligato a trattare, seppur non accogliendo le rivendicazioni proposte).
I giudici di Busto Arsizio, richiamando la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, secondo cui ai lavoratori che operano nelle varie basi della compagnia deve essere applicato il diritto del lavoro dei rispettivi Stati (ai sensi dei regolamenti UE n. 1215/2012 e CE n. 864/2007), hanno elencato una serie di disposizioni legislative a supporto del diritto del sindacato all’informazione da parte dell’azienda. E cioè: gli artt.1 e 7, DLGS n. 25/2007; l’art. 36, DLGS n. 81/2015; l’art. 46, DLGS n. 198/2006; e l’art. 47, DLGS n. 81/2008.
Nello specifico, il Tribunale ha affermato che il mancato riscontro delle richieste di incontro e di negoziazione integra una condotta antisindacale in quanto “costituisce negazione di ogni ruolo al sindacato” in un contesto in cui il datore di lavoro si rapporti direttamente con i propri dipendenti, penalizzando qualsiasi forma di rivendicazione collettiva. Ne consegue che “è indubbio che il sindacato a cui vengono negati gli incontri e le informazioni da parte del datore di lavoro, perda credibilità agli occhi dei lavoratori. L’atteggiamento di rifiuto della compagnia preclude al sindacato la possibilità di svolgere il ruolo di interlocutore del datore di lavoro nei casi in cui è la legge ad imporlo come tale”. E tale condotta antisindacale risulta caratterizzata da “attualità” poiché, non avendo la società manifestato l’intenzione di adottare un qualsivoglia atteggiamento incompatibile con il rifiuto di trattare, il rifiuto stesso permane e continua a produrre i suoi effetti, così come permane “la lesione dei diritti dei sindacati e l’interesse di questi ultimi a veder rimossa la perdurante situazione idonea a comprimere il libero esercizio e delle prerogative sindacali”.
Quanto al carattere nazionale dell’associazione sindacale legittimata all’azione ex art. 28 Stat. Lav., si afferma che “non assume decisivo rilievo il mero dato formale dello Statuto dell’associazione (che affermi il carattere sindacale del sindacato), quanto piuttosto la capacità di contrarre con la parte datoriale accordi o contratti collettivi, anche gestionali, che trovino applicazione in tutto il territorio nazionale in riferimento al settore produttivo al quale appartiene l’azienda nei confronti della quale il sindacato intenda promuovere il procedimento, e attestino un generale e diffuso collegamento del sindacato con il contesto socio-economico dell’intero paese, di cui la concreta ed effettiva organizzazione territoriale si configura quale elemento di riscontro del suo carattere nazionale piuttosto che come elemento condizionante” (in tal senso, Cass. n. 5209/2010).
Il Tribunale di Bergamo fonda, invece, la sua decisione sul carattere discriminatorio della condotta antisindacale attuata Ryanair (artt. 9, Direttiva CE n. 43/00; 11, Direttiva CE n. 78/00; 44, co.1, DLGS n. 268/1998; 4, co. 4; 2, co.1; e 3, co.1, lett. a), DLGS n. 216/2003; 28, co.5, DLGS n. 150/2011; nonché Corte di giustizia UE, par. 36 causa C-81/12 e par. 23 causa C-54/07; e Cass. SU n. 16601/2017 sul “danno punitivo” per violazione di norma in materia di diritto antidiscriminatorio).
Ciò, alla luce della clausola, inserita dalla società nel contratto individuale di lavoro dei dipendenti, (definita “estinzione del contratto”) avente il seguente tenore: “questo accordo rimarrà in vigore per tutto il tempo che il personale di cabina di Ryanair contatti direttamente il datore di lavoro e non effettui interruzioni di lavoro (work stoppages) o qualunque altra azione di natura sindacale. Se Ryanair o le società di mediazione di lavoro saranno obbligate a riconoscere qualunque sindacato del personale di cabina o se vi sarà qualunque azione collettiva di qualsiasi tipo, in questo caso il contratto dovrà intendersi annullato e inefficace e qualunque incremento retributivo o indennitario (allowance) o cambio di turno concessi sotto la vigenza del presente contratto sarà ritirato”. Inoltre, l’amministratore delegato della società ha dichiarato: “prima che la Ryanair venga sindacalizzata si ghiaccerà l’inferno” E ancora, in occasione della proclamazione dello sciopero, la società ha affermato in un comunicato: “sarete a conoscenza che il sindacato dei piloti Alitalia, Anpac sta provando ad incoraggiare i piloti Ryanair a non lavorare…ci aspettiamo che tutti i nostri piloti lavorino normalmente…per minimizzare gli inconvenienti per i nostri clienti…ogni azione intrapresa da ogni dipendente risulterà nella perdita immediata della turnazione basata su 5 giorni lavorativi e 3 di riposo”.