I maggiori redditi emersi all’esito di un accertamento con adesione ed i conseguenti contributi versati all’Ente Previdenziale Forense non sono “imponibili” ai fini pensionistici
Nota a Cass. 7 marzo 2018, n. 5380
Stefano Quaranta
I redditi da considerare ai fini del calcolo della pensione di invalidità o di vecchiaia di un avvocato sono solo quelli risultanti dalla dichiarazione trasmessa a Cassa Forense nei modi e tempi previsti dalla Legge n. 576/1980; pertanto, i maggiori redditi accertati, e i conseguenti contributi versati all’Ente Previdenziale Forense a seguito di accertamento con adesione ex art. 2, co. 3, DLGS 218/1997, a nulla rileverebbero ai fini pensionistici del professionista. In altre parole, il reddito imponibile ai fini previdenziali sarebbe solo ed esclusivamente quello risultante dall’ammontare dei compensi originariamente dichiarati dal professionista; diversamente, i redditi (ulteriori) eventualmente emersi a seguito di attività di accertamento, pur se oggetto di negoziazione tra avvocato accertato ed Ente impositore, non sarebbero da considerare “imponibili” ai fini pensionistici.
È quanto statuito dalla Corte di Cassazione n. 5380/2018, che nella pronuncia ha tenuto una posizione formalistica, fondata sull’interpretazione letterale delle disposizioni di cui agli artt. 2, 10, 17, L. n. 576/1980, a mente delle quali la determinazione del trattamento pensionistico dell’avvocato farebbe solo ed esclusivo riferimento alla media decennale del reddito professionale c.d. “dichiarato” (ovverosia a quello regolarmente denunciato ai fini Irpef, e rapportato a quanto effettivamente ricavato dall’attività professionale), e non anche a quello c.d. “fittizio” (vale a dire a quello definito in sede adesiva).
Alla luce delle predette norme, dunque, secondo gli Ermellini sarebbe indiscutibile che la quantificazione dei trattamenti pensionistici a favore degli iscritti a Cassa Forense, nonché la determinazione dell’ammontare della pensione, siano legati al presupposto dell’avvenuta, regolare, e tempestiva comunicazione alla Cassa del reddito professionale da parte dell’interessato, e del pagamento del contributo soggettivo obbligatorio di cui all’art. 10, legge n. 576/1980.
Diversamente opinando, si legge nel testo della sentenza, “si introdurrebbero nel sistema previsto dalla legge elementi del tutto variabili dettati dall’arbitrio dei soggetti interessati iscritti alla Cassa, opposti rispetto alla ratio dell’imposizione di specifiche regole e logicamente non compatibili con la concreta possibilità di procedere in via programmata e razionale da parte della Cassa”. Sulla base delle predette considerazioni, a rilevare sarebbe solo “il reddito professionale effettivo e non quello “fittizio”, come è quello conseguente alla definizione della vertenza con adesione. In caso contrario, la base pensionabile finirebbe per essere rapportata a quanto non effettivamente ricavato dal lavoro e, comunque, il quantum rimesso alla volontà del soggetto, il tutto in contrasto con il principio di indisponibilità vigente in materia previdenziale”.
I Giudici di Cassazione sono giunti a tale conclusione asserendo la perdurante validità di una precedente sentenza della medesima Corte (n. 11473/1990) e ritenendo che, pur dovendosi rilevare che l’accertamento con adesione preveda il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali, la norma di cui all’art. 2, co. 3, DLGS. N. 218/1997, andrebbe comunque rapportata alla legislazione specifica disciplinante il sistema previdenziale forense e, dunque, occorrerebbe valorizzare l’affermazione contenuta nel comma 3 ora citato che espressamente esclude la rilevanza di tale “accertamento ai fini extratributari”.
La posizione assunta dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 5380 appare rigorosamente e formalisticamente rispettosa delle disposizioni normative da Essa richiamate. Ciò non toglie la possibilità di ravvisare un disallineamento rispetto ad altre norme dell’ordinamento positivo. Ci si riferisce, in particolare, ad un altro istituto deflattivo del contenzioso tributario, per certi versi analogo all’accertamento con adesione: si tratta del c.d. reclamo/mediazione di cui all’art. 17-bis, DLGS. N. 546/1992, ove si prevede che “l’esito del procedimento rileva anche per i contributi previdenziali e assistenziali la cui base imponibile è riconducibile a quella delle imposte sui redditi (cfr. Circ. Agenzia Entrate n. 1/E, 12/2014)”. Questa norma assimila formalmente e sostanzialmente il concetto di “reddito imponibile ai fini previdenziali” a quello di “reddito imponibile ai fini tributari”, senza che su tale distinzione incida la differenza tra “reddito dichiarato” e “reddito fittizio”, ma anzi estendendo la rilevanza di eventuali definizioni concordate dall’ambio fiscale a quello previdenziale.